Secondo la Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen (CAAS), una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in uno Stato non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un altro Stato (principio del «ne bis in idem»). Nondimeno, la CAAS precisa che tale principio si applica solo se la pena inflitta sia stata eseguita o sia attualmente in corso di esecuzione o, secondo la legge dello Stato di condanna, non possa più essere eseguita («condizione dell’esecuzione»). La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea sancisce, a sua volta, il principio del ne bis in idem senza peraltro fare esplicito riferimento a siffatta condizione .
Il sig. Zoran Spasic, cittadino serbo, è oggetto di un procedimento penale in Germania per una truffa commessa a Milano nel 2009 (un privato si è visto infatti carpire 40 000 euro in biglietti di piccolo taglio in cambio di banconote da 500 euro che, successivamente, si sono rivelate false). Parallelamente, in Italia è stato condannato per questo stesso reato a una pena detentiva di un anno e a una multa di 800 euro. Essendo già detenuto in Austria per altri reati, ha pagato la multa, ma non ha scontato la pena detentiva.
A seguito di un mandato di arresto europeo emesso dalla Germania, le autorità austriache hanno consegnato alle autorità tedesche il sig. Spasic. Egli è in detenzione provvisoria in Germania dalla fine del 2013, in attesa di essere giudicato per il reato di truffa commesso in Italia. Il sig. Spasic sostiene che, in forza del principio del ne bis in idem, non può procedersi penalmente nei suoi confronti per i medesimi fatti, essendo stata già pronunciata nei suoi confronti in Italia una sentenza definitiva e esecutiva. Le autorità tedesche considerano che alla luce della CAAS il principio del ne bis in idem non opera, perché non è stata ancora eseguita in Italia la pena detentiva. Il sig. Spasic controbatte che la condizione dell’esecuzione prevista nella CAAS non può validamente limitare la portata della Carta dei diritti fondamentali e che egli deve essere rimesso in libertà in quanto ha pagato la multa di 800 euro e ha quindi eseguito la pena inflitta. Nella sua sentenza odierna la Corte, adita dall’Oberlandesgericht Nürnberg, dichiara che la condizione supplementare dell’esecuzione contenuta nella CAAS costituisce una limitazione del principio del ne bis in idem compatibile con la Carta dei diritti fondamentali. In effetti, relativamente al principio del ne bis in idem, le Spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali fanno espressamente riferimento alla CAAS, cosicché quest’ultima limita validamente il suddetto principio sancito nella Carta. La Corte considera inoltre che la condizione dell’esecuzione prevista dalla CAAS non rimette in discussione il principio del ne bis in idem in quanto tale, giacché essa mira unicamente ad evitare l’impunità di cui potrebbero giovarsi persone condannate in uno Stato membro con sentenza penale definitiva. La Corte considera infine che la condizione dell’esecuzione sia proporzionata alla finalità perseguita (garantire un livello elevato di sicurezza all’interno dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia) e non vada oltre quanto è necessario per evitare l’impunità delle persone condannate.
La Corte dichiara altresì che, allorché una pena detentiva e una pena pecuniaria sono pronunciate a titolo principale (come nel caso del sig. Spasic), l’esecuzione della sola pena pecuniaria non è sufficiente per considerare che la pena sia stata eseguita o sia in corso di esecuzione ai sensi della CAAS. A tal proposito la Corte osserva che, pur se la CAAS dispone che «la pena» deve essere stata eseguita o essere in corso di esecuzione, tale condizione ricomprende la situazione in cui sono state pronunciate due pene principali. Qualsiasi diversa interpretazione condurrebbe a privare di significato il principio del ne bis in idem enunciato nella CAAS e comprometterebbe l’utile applicazione di quest’ultima. Poiché il sig. Spasic ha unicamente pagato la multa, senza scontare la pena detentiva di un anno, la Corte conclude che non è soddisfatta nei suoi confronti la condizione dell’esecuzione prevista nella CAAS.