L’Italia è un paese a livelli di fecondità ”molto bassi” dove si fanno sempre meno figli e sempre più tardi e dove la quota più elevata della spesa per la protezione sociale è destinata alla previdenza, mentre quella per la prima infanzia è frammentaria rendendo, in sostanza, più agevole mettere al mondo un figlio se si vive nel nord del paese, piuttosto che al sud. Eppure, è proprio qui che le famiglie restano più numerose. E’ questa la fotografia scattata dall’Istat nel suo rapporto annuale 2014. Nel nostro paese ”persistono livelli di fecondità molto bassi”, in media 1,42 figli per donna nel 2012, rispetto a una media di 1,58. Dal 2008 si è invertito il trend di crescita della natalità in atto dal 1995. Nel 2013 – scrive l’Istat – si stima che saranno iscritti in anagrafe per nascita poco meno 515mila bambini, circa 64mila in meno in cinque anni e 12mila in meno rispetto al minimo storico del 1995. Le donne italiane, infatti, fanno pochi figli (in media 1,29 per donna) e sempre più tardi (a 31 anni in media il primo figlio). Inoltre sono sempre meno numerose, per via dell’esperienza riproduttiva delle ‘baby-boomers’ e, piu’ in generale, delle nate fino alla meta’ degli anni ’70. In termini numerici, queste genrazioni sono circa il doppio delle coorti di donne piu’ giovani che stanno entrando nel pieno della loro loro storia riproduttiva. Ancora, pur mantenendosi su livelli di fecondita’ decisamente piu’ alti di quelli delle donne italiane, il numero medio di figli per donna delle cittadine straniere (2,37 nel 2012) e’ anch’esso in rapida diminuzione e il loro contributo alla fecondita’ complessiva della popolazione si va progressivamente riducendo. Nel nostro paese si vive sempre piu’ a lungo, ma si registra anche uno degli ”indici di vecchiaia piu’ alti al mondo” e ”l’incremento costante degli anziani fa aumentare la fascia di popolazione piu’ esposta a problemi di salute di natura cronico-degenerativa”, cronicita’ che aumentano col diminuire delle condizioni economiche familiari. E questo a fronte di un trend negativo della spesa dei Comuni per gli anziani. In particolare, al primo gennaio 2013 nella popolazione residente si contano 151,4 persone over 65 ogni 100 giovani con meno di 15 anni. Tra i paesi europei solo la Germania ha un valore piu’ alto (158), mentre la media Ue28 e’ 116,6. In tale quadro, l’Istituto di statistica rileva che ”oltre la meta’ della popolazione ultrasessantacinquenne soffre di patologie croniche gravi”. Il diabete, i tumori, l’Alzheimer e le demenze senili sono le patologie che mostrano una dinamica ”in evidente crescita rispetto al passato”. Nella classe di eta’ 65-69 anni e 75 e oltre, le donne che soffrono di almeno una cronicita’ cronica grave rappresentano, rispettivamente, il 28 e 51%. Per gli uomini entrabi i valori salgono al 36% e al 57%. Specularmente, nel 2012 la speranza di vita alla nascita in Italia e’ giunta a 84,4 anni per le donne e a 79,6 anni per gli uomini, rispettivamente superiore di 1,3 anni e di 2,1 anni rispetto alla media europea dello stesso anno.