L’8 marzo 2022 ci trova nell’incubo di una guerra al centro dell’Europa, con il noto corredo di lutti e distruzioni. L’Anaao Assomed vuole, pertanto, esprimere un primo pensiero di vicinanza alle donne che curano, affermando i valori della vita e della pace, e a quelle, vittime di una follia senza giustificazioni.
L’Italia e il suo Servizio Sanitario sono, forse, fuori da uno stress test senza precedenti. Durante la pandemia le donne della sanità hanno pagato il prezzo più alto in termini di contagio, carichi di cura, peggioramento delle condizioni di lavoro per turni senza fine, burn-out fisico e psicologico, crescita della complessità e intensità assistenziale. Estranee ai luoghi dove si formavano le proposte strategiche, monche di una visione femminile, le donne sono state ovunque si faticava, non dove si comandava.
La sanità italiana è sempre più al femminile con le donne al 48% dei medici, con punte del 63,5% al di sotto dei 45 anni di età, e al 60% dei dirigenti sanitari. Una crescita della presenza femminile che, però, non è supportata da reali progressi nella disponibilità di strumenti di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro o di effettiva parità nelle carriere, che troppo risentono del peso del lavoro di cura, appaltato quasi per intero alla componente femminile. Anche nelle discipline in cui è più elevata la quota di donne tra i medici, la loro presenza nelle posizioni apicali è molto bassa (Pediatria 10%, psichiatria 25%, Ginecologia e ostetricia 17%). In un mondo di donne, in sostanza, comandano sempre gli uomini.
Il punto più alto della crisi del Ssn, alimentata dalla fuga dei medici e da assetti istituzionali dominati dalle autonomie territoriali, coincide con una grande ondata femminile verso la professione di cura, abbandonata dagli uomini perché meno prestigiosa di un tempo, anche economicamente. Toccherà, perciò, alle donne riempire i vuoti delle corsie, realizzare il necessario recupero di autorevolezza della professione, portare la sanità pubblica fuori dalla crisi affermando una loro specificità dentro le trasformazioni necessarie.
Occorrerà accelerare i tempi per rompere le numerose barriere nella quotidiana vita lavorativa, inserire obiettivi di genere in contratti di lavoro e modelli organizzativi ancora arroccati a vecchi paradigmi, realizzare modelli di cura attraversati dal pensiero della differenza.
La strada è ancora lunga. Al di là della retorica delle pari opportunità, servirà un welfare più favorevole, un cambiamento culturale che riconosca le competenze femminili, una migliore distribuzione dei carichi di lavoro familiari e, anche, una maggiore consapevolezza, da parte delle stesse donne, delle proprie capacità e dei propri diritti, ancora terreno di battaglia.
L’8 marzo 2022 deve diventare l’occasione per un rinnovato impegno delle organizzazioni professionali e sindacali dei medici, compresa l’Anaao, a cancellare ingiusti divari attraverso il superamento degli ostacoli della vita in corsia che frenano il decollo professionale delle donne, dal precariato ai percorsi di carriera, dal godimento dei congedi senza ricatti a condizioni di lavoro che rendano disponibile la moneta più preziosa in circolazione, cioè il tempo.
La femminilizzazione della professione medica è un valore per tutto il sistema sanitario.