Governo vuole fare la riforma della Scuola a costo zero: ma dove sono finiti i 3 miliardi promessi da Renzi?

“Se il Governo intende attuare la riforma della scuola a costo zero, riducendola ad una partita di giro tra tagli di spesa e nuove risorse, ricavando i finanziamenti necessari attraverso la riduzione del personale non docente ed eliminando i commissari esterni degli esami maturità, si sbaglia di grosso: queste misure affosserebbero il nostro sistema scolastico, ancora segnato dai forti tagli al comparto attuati dagli ex ministri Tremonti e Gelmini nel 2008”. È questa la risposta di Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario organizzativo Confedir, alle notizie riportate oggi dalla stampa nazionale sulla volontà del Governo di incasellare i provvedimenti tagli Ata e commissari nella legge di Stabilità di fine anno.

Le anticipazioni lasciano a dir poco interdetti: “il miliardo che serve nel 2015 ad assumere gli oltre 148mila docenti precari sarà finanziato anche dallo stesso ministero dell’Istruzione”, attraverso “la riduzione della pianta organica degli Ata, il personale tecnico-amministrativo degli istituti (cioè bidelli, applicati di segreteria, assistenti tecnici dei laboratori). Si ipotizza uno ‘stop’ alle assunzioni per coprire il turn-over. Una misura che porterebbe risparmi modesti, circa 30-35 milioni. Ma potrebbe avere ripercussioni negative sulle scuole (apertura e funzionamento dei laboratori)”.

“Ma la chicca – aggiunge oggi la rivista specializzata ‘Orizzonte Scuola’ – riguarderà l’avvio di un piano di dematerializzazione di circa 20mln di euro (piano presente nelle Linee guida del Governo per la riforma della scuola) e che ha l’obiettivo di ridurre il personale di segreteria”. In pratica, l’Esecutivo pensa di fare “cassa” riducendo, in particolare, il numero di assistenti amministrativi in servizio, poiché le scuole digitalizzate non avrebbero più bisogno del loro apporto.

“Si tratta di una visione davvero strampalata – ribatte il presidente dell’Anief – perché introdurre i sistemi telematici nelle 8.400 scuole italiane non significa ridurre la necessità del controllo umano. Piuttosto, servirebbero investimenti per favorire l’aggiornamento del personale, troppo spesso costretto a delle vere acrobazie per mandare avanti la macchina amministrativa degli istituti. Non dimentichiamoci poi che a seguito dell’applicazione della Legge 133 del 2008 il personale Ata ha lasciato sul campo oltre il 20% di unità, pari a 47mila posti. Procedendo nella direzione opposta, visto che l’autonomia scolastica ha assegnato alle segreterie scolastiche un carico di competenze da decenni attuate dagli uffici ministeriali”.

“Tanto è vero – continua il sindacalista – che già oggi gli istituti scolastici hanno grossi problemi nel gestire la vigilanza degli alunni, l’assistenza tecnica dei laboratori didattici e le innumerevoli pratiche riguardati studenti, famiglie e personale. Un ulteriore taglio a questi profili sarebbe quindi intollerabile”.

Lascia poi basiti la volontà di attuare un restyling delle commissioni degli esami di maturità: il progetto è di cancellare i docenti membri esterni, in modo da avere commissioni composte da sei commissari interni e un solo presidente proveniente da un’altra scuola. “La scelta, contenuta nella bozza della legge di stabilità, è motivata dalla spending review, ma sarà funzionale alla nuova maturità in arrivo nel 2015”.

“Ma che senso ha affidare di fatto ai docenti del solo consiglio di classe la valutazione degli alunni partecipanti agli esami conclusivi del secondo ciclo scolastico?”, domanda Pacifico. “Tanto varrebbe, allora, non svolgere quelle prove. Anche in questo caso, l’impressione è che si stia guardando solo alla necessità di centrare gli obiettivi finanziari, seguendo la strada tracciata dall’ex ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta, e non quelli didattico-pedagogici, che invece dovrebbero guidare qualsiasi operazione sulla scuola”.

“Ci eravamo illusi, studiando la bozza del testo di riforma, che si volesse rilanciare la maturità collegandola al mondo del lavoro. Se invece si vuole svilire il diploma di maturità, forse come prima tappa verso l’assurda perdita del suo valore legale, allora lo si dica subito. Anziché far intendere al Paese, come ha fatto il premier Renzi solo poche settimane fa in occasione delle presentazione delle linee guida, che lo Stato avrebbe investito nella Scuola 3 miliardi di euro”.