Droghe e sicurezza stradale. Ma il ministro Alfano sa cosa dice?

“Per i consumatori abituali di stupefacenti sono necessari controlli con frequenza straordinaria per evitare che le patenti diventino licenze di uccidere. Procederemo quindi a scrivere una norma che preveda questi controlli frequenti". "Credo che l’idea dell’ergastolo alla patente sia la sanzione più corretta in questi casi. Condivido l’approccio europeo che nega il diritto alla patente per questi soggetti". Così il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, oggi in un workshop europeo sulla sicurezza stradale. Ci ha colpito l’uso della parola “ergastolo”. In un Paese che e’ l’alfiere in tutto il mondo contro la pena di morte, immaginiamo, il ministro Alfano non ha potuto utilizzare una espressione tipo “pena di morte per la patente” (anche se ha espresso il medesimo concetto), ma si è limitato alla maschia, dura e forte espressione di “ergastolo”, coniando un infelice nuovo modo di dire per esprimere il più banale e semplice concetto di “divieto”. Non sappiamo come intendera’ esplicitare normativamente questo “ergastolo”, visto che gia’ oggi la norma prevede il divieto di guida e di patente per chi e’ tossicodipendente, ma -ovviamene- se uno si disintossica puo’ prendere la patente, altrimenti sarebbe un provvedimento anticostituzionale. Ma se Alfano quella patente l’ha messa all’ergastolo, come farà? Ci saranno le attenuanti per buona condotta? Insomma, non sarà un ergastolo. E allora, perche’ chiamarlo “ergastolo”? Probabilmente perche’ Alfano non trovava una parola più dura per cercare di “scandalizzare” i media (che non si scandalizzano più, così come gli utenti dei media). E quindi, ecco il solito teatrino lessicale. 

Vincenzo Donvito, presidente Aduc