La direttiva «Accisa applicata al tabacco lavorato» dispone che l’aliquota dell’accisa ad valorem e l’importo dell’accisa specifica siano uguali per tutte le sigarette. Con una decisione del 2012 l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) ha fissato al 115% dell’importo di base l’accisa minima per le sigarette con prezzo di vendita al pubblico inferiore a quello delle sigarette della classe di prezzo più richiesta. La società italiana Yesmoke Tobacco SpA, che produce e commercializza sigarette a un prezzo inferiore a quello della classe di prezzo più richiesta, ha impugnato la decisione dell’AAMS dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio. Quest’ultimo ha considerato che la decisione dell’AAMS reintroducesse de facto un prezzo di rivendita minimo per i tabacchi lavorati, in elusione, a suo giudizio, della giurisprudenza della Corte di giustizia. La decisione dell’AAMS è stata, di conseguenza, annullata. Contro la sentenza di annullamento il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’AAMS hanno interposto appello. Con la sua domanda pregiudiziale il Consiglio di Stato (Italia) domanda alla Corte se la direttiva consenta una disposizione nazionale che stabilisca non già un’accisa minima identica per tutte le sigarette, bensì un’accisa minima applicabile unicamente alle sigarette con un prezzo di vendita al pubblico inferiore a quello delle sigarette della classe di prezzo più richiesta. Nella sentenza odierna la Corte ricorda anzitutto che la direttiva fissa i principi generali dell’armonizzazione delle strutture e delle aliquote d’accisa per il tabacco lavorato e ha l’obiettivo di garantire il buon funzionamento del mercato interno nonché condizioni neutre di concorrenza nel settore del tabacco. La direttiva assoggetta tutte le sigarette (con qualunque caratteristica e prezzo) a un’accisa globale composta di due elementi: uno ad valorem, calcolato sul prezzo massimo di vendita al pubblico, e uno specifico, calcolato per unità di prodotto. La direttiva precisa che l’aliquota dell’accisa ad valorem e l’importo dell’accisa specifica devono essere uguali per tutte le sigarette. Se lo vogliono, gli Stati membri possono applicare un’accisa minima sulle sigarette. La Corte sottolinea che una tale accisa minima rappresenta una soglia sotto la quale non è possibile nessuna riduzione proporzionale dell’imposta dovuta. Quando gli Stati membri si avvalgono della facoltà offerta dalla direttiva di introdurre un’accisa minima, la regolamentazione che adottano deve inserirsi nel contesto definito dalla stessa direttiva senza contravvenire ai suoi obiettivi. Ora, l’applicazione di soglie d’imposta che variano in funzione delle caratteristiche o del prezzo delle sigarette comporterebbe distorsioni alla concorrenza tra le differenti sigarette e sarebbe contraria all’obiettivo di garantire il corretto funzionamento del mercato interno e condizioni neutre di concorrenza perseguito dalla direttiva. In concreto, le sigarette della classe di prezzo più richiesta in Italia hanno un prezzo di vendita al pubblico di EUR 210 al migliaio, con un’accisa globale di EUR 122, 85. In forza della normativa italiana, alle sigarette di classe inferiore con prezzo inferiore a EUR 210 è applicata un’accisa minima di EUR 141, 28 (al migliaio).
La Corte dichiara pertanto che la normativa italiana attua un sistema in cui l’importo prelevato sulle sigarette della classe di prezzo più richiesta, in applicazione dell’accisa globale, è inferiore all’importo prelevato a titolo dell’accisa minima sulle sigarette meno costose, con la conseguenza di creare distorsioni di concorrenza e di contravvenire agli obiettivi della direttiva.
La Corte aggiunge che la direttiva già prende in considerazione l’obiettivo di protezione della sanità pubblica, segnatamente quando precisa che gli oneri fiscali sono uno degli elementi del prezzo dei prodotti del tabacco, che a sua volta influenza le preferenze dei fumatori. La disciplina fiscale costituisce uno strumento importante ed efficace di lotta al consumo dei prodotti del tabacco e, pertanto, di tutela della sanità pubblica. Purché, quindi, le misure nazionali s’iscrivano nel contesto da essa definito, la direttiva non impedisce che gli Stati membri portino avanti la lotta al tabagismo e assicurino un elevato livello di tutela della sanità pubblica mediante l’applicazione di accise. La Corte conclude che la direttiva non ammette una normativa nazionale che stabilisca – non già un’accisa minima identica per tutte le sigarette, bensì – un’accisa minima sulle sole sigarette con un prezzo di vendita al pubblico inferiore a quello delle sigarette della classe di prezzo più richiesta.