di Pietro Paolo Boiano
Politici e politologi, economisti e giurisperiti affollano gli studi televisivi e i telegiornali dando luogo a dispute accese, quando non anche a vere e proprie risse, come del resto accade a cadenza quasi quotidiana nelle aule parlamentari dove si assiste a scene squallide e vergognose. Da destra a sinistra, passando per il centro, tutti però riconoscono che taluni interventi non sono più rinviabili, visto che il Paese ormai cammina solo a passo di gambero. Peccato che al riconoscimento unanime seguano poi comportamenti contrari, ciascuna parte politica volendo imporre la propria ricetta che non guarda al bene comune, ma al consenso
elettorale! La bagarre ancora in atto sulla riforma del mercato del lavoro non promette infatti esiti positivi e meno che mai si prevedono facili approdi per tutte le altre riforme messe in cantiere (giustizia, P.A., Fisco e riforme costituzionali). A sentire i politici, tutti si dicono depositari di efficaci ricette, ma quando poi i testi di legge, assai spesso pasticciati e sibillini,e sempre scortati da un mare di emendamenti, arrivano sul tavolo del legislatore, è lì che inevitabilmente abortiscono le buone intenzioni e accade quindi che ogni nuova legge crea problemi maggiori di quelli che ci si proponeva di risolvere. E’ di scottante attualità l’enorme tasso di evasione fiscale, come lo è la diffusa corruzione, entrambe con ripercussioni devastanti sull’economia. Il Governo dice di volere apprestare idonei strumenti di contrasto a tali mali,ma sembra che giunga all’appuntamento con le polveri bagnate, visto che in agenda non figura la necessaria simbiosi tra la normativa fiscale e quella penale nel falso nome di pretestuosi garantismi. Il falso in bilancio è un reato gravissimo ed è il mezzo per blindare le contraffazioni contabili e quindi per rendere impenetrabile il bilancio di esercizio. In tale ottica il tanto propagandato redditometro e qualunque altro accorgimento all’acqua di rosa sono soltanto inutili diversivi. Ne hanno piena contezza i rinnovati vertici dell’Agenzia delle Entrate, ma le leggi si scrivono altrove e in base a logiche assolutamente inadeguate alla bisogna. Evasione fiscale, corruzione, riciclaggio e autoriciclaggio di capitali provenienti da attività illecite sono
le facce di una stessa medaglia. Si evade il Fisco per costituire capitali occulti quale prezzo della corruzione e si riciclano ingenti capitali provenienti da attività criminose. Sotto la spinta della denuncia da parte della pubblica opinione e dei mass-media, il Governo ha dato il via alla reintroduzione del reato di falso in bilancio e finalmente,dopo lungo e colpevole ritardo,
sembra che si voglia dar veste di reato anche all’impiego in attività lecite di capitali provenienti da attività illecite e/o criminose. Sarebbe una buona notizia, una svolta decisiva, ma dai corridoi parlamentari arrivano voci secondo cui più che stringere i pugni contro i malfattori sarebbero allo studio arzigogoli metagiuridici che alla fine permetterebbero comode uscite dal rotto della cuffia. Addirittura c’è chi pensa che l’impiego di capitali illeciti a fini personali non integri presupposto di reato. Dovessero essere tradotte in legge le indiscrezioni trapelate, saremmo alle comiche finali, per cui meglio sarebbe non creare ulteriori aggravi alla già malmessa macchina della giustizia. Si abbia cioè la decenza di non annunciare di voler fare ciò che non si vuol fare e soprattutto,solo per salvare la faccia, si eviti di produrre norme penali che prive del necessario rigore finiscono per essere un regalo a quanti sguazzano nella illegalità.