Orlandi (Ag. Entrate): via scontrini, ricevute e rivediamo gli studi di settore

Gli studi di settore sono sgradevoli: chi vi è soggetto, spesso, è collocato in fasce reddituali presunte che eccedono il proprio reddito reale. Dimostrare che è stato il Fisco a sbagliare può risultare più costoso che pagare con rassegnazione la differenza. Per far valere le proprie ragioni, infatti, occorre dedicare a infiniti adempimenti tempo e risorse che vengono così sottratti alle consuete operazioni produttive.

Si dà il caso, inoltre, che ogni volta che gli studi sono stati modificati, lo sono stati in senso peggiorativo. Per questo, a tutte le categorie interessate, sarà corso un brivido di paura lungo la schiena nell’apprendere le ultime intenzioni della direttrice dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, secondo cui è necessario “modernizzare gli studi di settore” anche per instaurare “una diversa e moderna relazione tra Fisco e contribuenti per ricostruire un rapporto di fiducia“.

Parole pronunciate nel corso di un seminario alla commissione Finanze della Camera che, di per sé, potrebbero dire tutto e il suo contrario; tuttavia, dati i precedenti, non preludono a nulla di nuovo. La Orlandi si è detta, poi, convinta di come “studi di settore profondamente rinnovati” possano “rappresentare un efficace strumento per indicare preventivamente il potenziale risultato, anche fiscale, che deriva dall’impiego dei fattori della produzione”.

Il numero uno delle Entrate ha, infine, descritto la sua idea di lotta all’evasione fiscale attraverso il potenziamento della tracciabilità mediante l’abbandono di alcuni strumenti quali i misuratori fiscali e le ricevute giudicati, fin qui, inefficaci. In sostanza, si dovrebbe andare incontro all’eliminazione degli scontrini, attraverso “l’uso di strumenti tracciabili per effettuare pagamenti in ogni ambito con un’attenzione particolare proprio alle attività che si rivolgono al consumatore finale”.