Precariato: per la Corte di Giustizia europea le norme italiane sulla scuola violano la direttiva comunitaria

Vittoria storica del sindacato, cinque anni dopo la denuncia alla stampa e un contenzioso avviato presso le Corti del lavoro per migliaia di supplenti. E ora 250mila precari possono chiedere la stabilizzazione e risarcimenti per due miliardi di euro, oltre agli scatti di anzianità maturati tra il 2002 e il 2012 dopo il primo biennio di servizio e le mensilità estive su posto vacante. Coinvolto tutto il pubblico impiego: il sindacato avvia ricorsi anche per precari Afam, Sanità, Regioni, Enti locali.

“Quella scritta oggi a Lussemburgo è una pagina storica che pone fine alla precarietà nella scuola e in tutto il pubblico impiego: ora è assodato che non esistono ragioni oggettive per discriminare personale docente e Ata assunto a tempo determinato nella scuola italiana dal 1999”. Così sintetizza Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, la decisione dei giudici di Lussemburgo dopo la lettura della sentenza avvenuta stamane presso la Corte di Giustizia europea sull’abuso dei contratti a termine.

I giudici sovranazionali hanno spiegato che la direttiva comunitaria osta a una normativa nazionale che autorizza, in attesa dell’assunzione del personale di ruolo, il rinnovo dei posti vacanti e disponibili, senza indicare tempi certi ed escludendo possibilità di ottenere il risarcimento danno. Pertanto, ha spiegato la Corte, non esistono criteri oggettivi e trasparenti per la mancata assunzione del personale con oltre 36 mesi di servizio, né si prevede altra misura diretta a impedire il ricorso abusivo al rinnovo dei contratti.

È una sentenza che coinvolge un numero altissimo di lavoratori precari italiani: solo nella scuola, l’Anief ha calcolato, sulla base dei dati Miur e Inps, che sono infatti più di un milione e mezzo le supplenze annuali (fino al 31 agosto) e al termine delle attività didattiche (fino al 30 giugno) conferite in questi anni ai docenti, a fronte di 250mila immissioni in ruolo e 300mila pensionamenti: “ora quei precari devono essere tutti assunti e risarciti”, sottolinea Pacifico.

“Nel 2010 – continua il sindacalista, che ripercorre il lungo iter giudiziario avviato proprio dall’Anief – si attiva la prima procedura d’infrazione, ancora in corso, contro lo Stato italiano per la mancata stabilizzazione di un supplente ATA; negli anni successivi sono in migliaia i precari docenti e ATA che inoltrano agli uffici della Commissione denunce circostanziate sulla violazione della normativa comunitaria”.

La Legge italiana 106/2011 cerca di mettere un argine e deroga espressamente all’esecuzione del diritto dell’Unione per via di ragioni oggettive che nell’estate del 2012 sono state individuate dai giudici di Cassazione nella particolare condizione della scuola italiana: per il nostro Stato, i precari sarebbero addirittura “fortunati”, perché con il servizio accumulano in graduatoria punti per entrare di ruolo. Mentre gli organici non sarebbero prevedibili e il pareggio di bilancio imporrebbe risparmi.

“Tutti motivi – sottolinea Pacifico – che la Corte europea nelle cinque cause riunite oggi e rinviate dal giudice Coppola del lavoro di Napoli e dalla Consulta ha ritenuto inesistenti, condividendo le tesi dell’Avvocato generale, della stessa Commissione e dei legali Ganci, Miceli, Galleano, De Michele che rappresentano per l’Anief i ricorrenti: in primo luogo, il fare punteggio non garantisce l’immissione in ruolo come si è dimostrato con i numeri forniti dai legali dell’Anief; in secondo luogo, sempre dalle carte risultano ogni anno chiamati centinaia di migliaia di supplenti; infine, le ragioni finanziarie non possono comprimere diritti inalienabili, ancorché vere visto che il costo della chiamata dei precari avrebbe di fatto aumentato di due terzi la spese corrente”.

“Il Governo, temendo le conseguenze della sentenza, è già corso ai ripari: nel piano di riforma “La Buona Scuola” – prosegue il sindacalista – ha previsto un piano di assunzioni di tutti i docenti inseriti nelle Gae (150mila), principio ribadito nel disegno di legge di stabilità 2015. Eppure rimangono esclusi i 100mila docenti che sono abilitati ma non inclusi nelle Gae nonché i circa 20mila ATA chiamati in supplenza annuale che potranno ricorrere al giudice del lavoro. Ma anche chi è stato assunto può portare in tribunale lo Stato italiano per aver violato sistematicamente le norme comunitarie”.

Ma l’Anief non si ferma e annuncia ricorsi per l’applicazione del principio della parità di trattamento impugnando i decreti di ricostruzione di carriera che riconoscono solo parzialmente il servizio pre-ruolo, come la tabella di valutazione dei titoli dei servizi delle domande di mobilità. Sarà richiesto, come già riconosciuto dalle Corti di Appello, il pagamento degli scatti di anzianità per il periodo di precariato nonché le mensilità estive per un ammontare che potrà essere superiore a 20mila euro.

Il giovane sindacato impugnerà anche il CCNL del 4 agosto 2011 perché costringe i neo-assunti dopo il 2011 a percepire uno stipendio da precari praticamente a vita, considerato l’accordo sindacale che garantisce l’invarianza finanziaria contro una precisa sentenza della stessa Corte di giustizia e le intenzioni del Governo di abolire gli scatti di anzianità.

I legali dell’Anief non si fermano qui: grazie alla collaborazione con Radamante, Prodirmed e Confedir hanno annunciato l’avvio di ricorsi per tutti dipendenti e dirigenti medici del pubblico impiego perché la sentenza avrà effetti sul sistema di assunzioni nell’amministrazione pubblica.

L’Anief per commentare la storica sentenza di Lussemburgo ha organizzato un convegno in Parlamento: si svolgerà domani, 27 novembre, dalle ore 15.00 alle ore 18.00, presso la Sala della Mercede, Palazzi Marini. Aprirà i lavori Marcello Pacifico, relatori il giudice P. Coppola, gli avv. Miceli, S. Galleano, De Michele, De Grandis, Zampieri, chiude il presidente emerito della Corte di Cassazione, dott. M. De Luca. Invitati parlamentari e rappresentanti del Governo. A seguire conferenza stampa.