L’Anaao Assomed si renderà protagonista degli innumerevoli ricorsi dei Medici e dirigenti sanitari per rivendicare il diritto alla stabilizzazione e/o al risarcimento dei danni per la mancata applicazione delle disposizioni europee, su cui si fonda la sentenza della Corte di Giustizia sul precariato, cominciando con il diffidare Ministero e Regioni dal sottrarsi dalla loro corretta applicazione che espone l’Italia anche ad ingenti sanzioni economiche.
L’attesa sentenza che, come prevedibile, condanna l’Italia per l’abuso di contratti a termine pur riferendosi, in particolare, ai docenti della scuola, pone, infatti, le basi giuridiche per la stabilizzazione di tutto il personale precario della PA e, quindi, anche della Sanità, censurando la violazione, da parte dell’Italia, della direttiva europea 70/1999. Tale direttiva, che imponeva agli stati membri dell’UE l’adozione di misure preventive per evitare gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di rapporti o contratti di lavoro a tempo determinato, riguarda l’insieme dei lavoratori che forniscono prestazioni retribuite nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo determinato, senza escludere alcun settore dalla sua sfera d’applicazione e, pertanto, risulta applicabile anche al personale precario nella Sanità.
I medici ed i Dirigenti sanitari oggi titolari di contratti di lavoro “atipici, in misura superiore al 10% della dotazione organica, garantiscono i LEA in molte Regioni presidiando posti di lavoro in prima linea, esposti al capestro di rinnovi contrattuali sempre più corti e poveri di diritti normativi e previdenziali. L’ossessione del “costo zero” per la copertura economica della stabilizzazione dei precari, stella polare di ogni bozza del DPCM in materia, va adesso confrontata con il rischio di pagare multe milionarie.
C’è bisogno ora, e non nei tempi di leggi delega e decreti delegati, di un provvedimento normativo che renda possibile la stabilizzazione di tutti i precari in ambito sanitario, e non solo della piccola quota cui si rivolge il testo del DPCM in itinere, che rischia di essere tardivo se non inadeguato rispetto alla nuova prospettiva aperta dall’Europa.