La bacchettata della Corte dei Conti al meccanismo per l’attribuzione dell’8 per mille, potrebbe essere l’avvio di una svolta storica nei rapporti tra Stato italiano e confessioni religiose (essenzialmente -è ovvio- la Chiesa cattolica romana), nonchè l’opportunità per i nostri ordinamenti di rivedere i meccanismi di finanziamento del no-profit in generale. La Corte dei Conti ha bacchettato sul meccanismo dell’attribuzione, che consente di assegnare i contributi anche di chi non ha dato nessuna indicazione sulla denuncia dei redditi, in base alle percentuali di chi invece ha dato questa indicazione; un meccanismo che obbliga tutti i contribuenti a comunque devolvere a una confessione religiosa l’8 per mille dell’Irpef che deve all’Erario, con la sola alternativa della scelta delle azioni caritatevoli dello Stato (soldi che, talvolta, finiscono anche a finanziare le missioni di guerra). Il Concordato con la Chiesa romana risale al 1929 ed è stato aggiornato nel 1984, e la parte economica è stata poi ratificata dal Parlamento nel 1985. Noi abbiamo sempre criticato il Concordato ed ai suoi meccanismi che hanno portato quasi tutte le confessioni religiose (a parte -tra le più note e per il momento- comunita’ islamiche e Testimoni di Geova) a partecipare a questo banchetto anche in dispregio di alcuni loro principi (per esempio, la Chiesa Valdese i primi tempi rifiutava la redistribuzione oggi bacchettata dalla Corte dei Conti, ma, siccome i soldi non hanno colore, alla fine l’ha accettata lo stesso). Inoltre, le trasparenze sull’uso di questi soldi, da parte di tutti (Stato incluso) sono sempre state dubbie, anche se la Chiesa cattolica ha sempre fatto enormi sforzi per evitare questi dubbi. Un contesto in cui la bacchettata della Corte dei Conti, pur se tardiva appare opportuna. La domanda che noi ci poniamo è la seguente: perchè i finanziamenti alle associazioni no-profit devono essere in questo modo? Cioe’ dando una somma xx e poi piu’ o meno verificare i bilanci per una presupposta verifica che siano stati spesi come di dovere (meccanismo uguale a quello del finanziamento pubblico ai partiti). L’Italia è un Paese di evasori ed elusori fiscali, comportamento che non c’è modo di negare che possa essere anche appannaggio di chi ci vuole salvare l’anima o aiutare i più demuniti, e allora perchè non usare meccanismi che scoraggino moltissimo questo comportamento? Per esempio: non soldi in assoluto con meccanismi più o meno strampalati e tendenziosi (come quello dell’8 per mille) o erogazioni decise da politici per favorire chi appartiene alla propria parte, ma agevolazioni fiscali dirette sull’operato, tipo: riduzione Iva e fisco in genere, sconti per l’informazione, la comunicazione, i trasporti, etc.. Ma questo forse è un libro dei sogni che non appartiene a noi terreni che, proprio perche’ non vogliamo niente avere a che fare con queste logiche, rifiutiamo ogni forma di finanziamento pubblico (compresa la forma giuridica Onlus), sì da farci meglio capire da chi -consumatori e utenti, nel nostro caso- è vittima di uno Stato che favorisce e promuove questi meccanismi oggi bacchettati.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc