La Feder.M.O.T. denuncia l’indisponibilità del Governo a confrontarsi sui problemi che affliggono la giustizia civile e penale e la sua sostanziale incapacità di prendere serie iniziative. Appare oramai chiara la strategia di non intervenire strutturalmente sui temi della efficienza della macchina giudiziaria italiana, dopo aver ostacolato l’accesso alla giurisdizione utilizzando reiteratamente la leva fiscale con la triplicazione dei costi di accesso al processo. L’esecutivo si accinge peraltro, all’esito dell’ultimo Consiglio dei Ministri, a progettare anche la rottamazione della Giustizia penale attraverso la depenalizzazione non solo dei comportamenti meritevoli di sanzioni contravvenzionali, bensì di tutta una serie di delitti di assoluto rilievo come la truffa, il furto, la violenza privata, l’abuso d’ufficio. In linea di continuità con i precedenti provvedimenti "svuotacarceri", che già avevano ampiamente danneggiato il senso di legalità attraverso la non effettiva esecuzione delle pene inflitte nei tribunali della Repubblica, si offre una nuova via di fuga legale ai pregiudicati vecchi e nuovi e un incentivo generalizzato a delinquere. Si incrementa in tal modo il turismo a scopo delittuoso, attraendo dall’estero sempre maggiori flussi di professionisti nel reato, specialmente in ambito intra-comunitario. La Feder.M.O.T. ritiene pericolosissimo il percorso intrapreso. Dopo aver rottamato la tutela civile attraverso i sopraddetti meccanismi fiscali, oggi si punta senza alcuna pudicizia a strappare direttamente dal codice penale reati di forte allarme sociale. Di fatto alle vittime di reati non più sanzionati rimane solo l’autotutela, ossia la possibilità di difendersi da sè, magari attraverso un maggiore ricorso all’uso delle armi di difesa personale… Motivo dichiarato di tale involuzione è la finalità di abbattimento dell’arretrato. Eppure la soluzione alternativa alla dismissione della giurisdizione l’abbiamo proposta da tempo, restando inascoltati: l’impiego a tempo pieno della magistratura onoraria, soluzione che, peraltro, porterebbe il Governo ad incassare tutte quelle imposte di registro connesse alla emissione delle sentenze definitorie di quei processi, i cui fascicoli oggi giacciono impolverati negli armadi dei tribunali civili, in attesa che le parti abbandonino la causa. Tutto ciò mentre nei tribunali penali altrettanti processi giacciono in attesa della prescrizione (vedi sentenza Eternit) o di nuove depenalizzazioni, che dovrebbero far arrossire di vergogna chi continua a proporle in un Paese in cui l’illegalità e il crimine dilagano, sia in strada sia nelle pubbliche amministrazioni.