La trasmissione da parte del Ministro della Salute alla Conferenza Stato-Regioni dello schema definitivo del D.P.C.M. per la stabilizzazione del personale precario in Sanità, di cui si erano perse le tracce, rappresenta certamente un segnale positivo. Il quale, però, non cancella forti perplessità derivanti dal fatto che lo stesso testo, passando al vaglio del MEF e del Ministero della Funzione Pubblica ignora le considerazioni che da tempo questa organizzazione insieme con le altre organizzazioni sindacali vanno sottoponendo all’attenzione di tutti.
Il legislatore ha previsto per gli enti del Servizio Sanitario Nazionale un apposito D.P.C.M. per disciplinare le procedure di stabilizzazione e, nelle more dell’espletamento delle stesse, le connesse proroghe dei contratti a tempo determinato, riconoscendo così la specificità del settore. Il testo in esame si occupa, però, solo di contratti a "tempo determinato", una parte minoritaria dei contratti atipici, la cui conversione in tempo indeterminato impiega risorse storicamente già erogate, rendendo tali stabilizzazioni a costo zero.
Rimane ancora da garantire la copertura di posti coperti da altre forme di contratti atipici sottopagati e privi di diritti, bellamente ignorati in questo DPCM, di cui si fa e si è fatto ampio uso per ripianare i bilanci, per sopperire al blocco del turn-over e ai tagli lineari che si stanno attuando, in particolare, nelle Regioni sottoposte ai piani di rientro, nelle quali, tuttavia, viene comunque richiesta l’erogazione dei LEA.
Non basta prevedere che vengano immessi in ruolo i medici e i dirigenti sanitari a contratto a tempo determinato in posizione utile in graduatoria concorsuale, mediante lo scorrimento delle stesse, e ove ciò non sia, bandendo i relativi concorsi. Occorre prevedere che essi non pesino, però, sul limite massimo complessivo del 50 per cento delle risorse assunzionali disponibili, essendo a costo zero.
Le migliaia di professionisti precari esposti in prima linea nella difesa di un diritto costituzionale si aspettano che il processo di stabilizzazione sia completamente scorporato dal turn-over, anche nelle Regioni in piano di rientro, in quanto avviene nell’ambito di dotazioni organiche esistenti e, soprattutto, che venga ampliato l’ambito di applicazione del D.P.C.M., definito dall’Art.1, includendo, nella riserva concorsuale, gli altri contratti atipici che, al pari dei tempi determinati, concorrono al mantenimento dei LEA occupando posti in dotazione organica già vacanti da anni, al fine di impedire la brusca interruzione di pubblici servizi.
Si affronti, in sostanza, il tema del massiccio uso del precariato in sanità non restringendolo ai soli tempi determinati, che ne rappresentano una minuscola parte, collocando per l’esiguità dei numeri questo DPCM ben lontano dalla risoluzione di un problema che richiede un reale piano di stabilizzazione, anche su base pluriennale, tenendo conto delle peculiarità del settore e delle funzioni che è chiamato a svolgere.