Inizia un mese cruciale per il futuro della scuola italiana: in questi giorni il Governo sta lavorando alacremente per arrivare ad un progetto di riforma definito, che verrà presentato domenica 22 febbraio in occasione del primo compleanno del Governo. Quel giorno il Pd organizzerà una manifestazione nazionale sulla Buona Scuola nella quale, ha spiegato il premier Renzi, saranno contenuti i nuovi atti normativi sugli insegnanti, sul merito, ma anche su precariato e supplenze, sulla formazione tecnica e professionale, sull’alternanza scuola lavoro, sull’educazione motoria, sull’arte, l’educazione civica, l’inglese, sulla valutazione degli insegnanti e delle scuole e sul merito. Subito dopo, l’ultima settimana di febbraio, il documento contenente le linee guida di riforma, verrà portato in Consiglio dei Ministri per essere subito approvato.
L’Anief, che proprio sulla prima bozza della Buona Scuola nelle ultime settimane si è recato nelle scuole confrontandosi con oltre 10mila lavoratori, mette subito le mani avanti e indica al Governo che su alcuni punti personale e sindacato non transigono. Vi sono diversi punti su cui mettere le mani.
Come quello sulle assunzioni dei 150mila precari: tra loro vanno necessariamente inclusi tutti gli idonei dei concorsi pubblici che per vari motivi non hanno ancora sottoscritto un contratto a tempo indeterminato; come anche vanno immessi in ruolo questa estate le decine di migliaia di abilitati non presenti nelle GaE, lasciati in caso contrario mestamente al loro destino di precari a vita. E lo stesso vale per tutto il personale Ata, amministrativi, tecnici e ausiliari, su cui è tra l’altro ancora pendente una procedura d’infrazione a livello UE.
Va poi cambiata la norma sulla mobilità dei neo-assunti, cui va data la possibilità immediata di spostarsi: è assurdo che debbano continuare ad attendere tre anni per poter essere trasferiti, poiché con l’organico funzionale non vi saranno più docenti sovrannumerari e perdenti-posto. A tal proposito, va ricordato che l’organico funzionale, tanto decantato dai rappresentanti del Governo, va utilizzato per gestire l’autonoma scolastica e non in via esclusiva per le sostituzioni del personale assente. Per il quale continueranno ad essere utilizzate le graduatorie dei supplenti.
Anche per quanto riguarda gli stipendi, oggi i più bassi della PA e quattro punti sotto l’inflazione, il giovane sindacato non transige: vanno adeguati al costo della vita, assegnando ad ogni dipendente una quota forfettaria media di 10mila euro per il blocco 2009-2018, e va introdotto un sistema di adeguamento progressivo ancorato ogni anno all’innalzamento del costo della vita. Sempre in tema di stipendio, va ripristinato il fondo di finanziamento del Mof del 2011, oltre il doppio di quello che è oggi, perché altrimenti tutte le attività d’istituto non avranno le risorse per essere incentivate. Sempre in tema di indennità, va ripristinata la posizione economica sottratta dal 1° gennaio 2015 al personale Ata, che svolge attività aggiuntive, ad iniziare al supporto degli alunni disabili, senza percepire alcun compenso.
Anief ricorda sin d’ora che occorre, anche alla luce delle ultime sentenze emesse dalla Giustizia europea, introdurre delle norme che tengono conto in via preliminare del diritto comunitario e della Carta europea dei diritti dei lavoratori: si tratta di indicazioni normative prevalenti, da posizionare all’apice rispetto anche alla normativa nazionale. A tal proposito, ricordiamo che è assurdo continuare a negare gli scatti di anzianità al personale precario.
Va poi approvata una norma che continui a mantenere in vita il ruolo dei vicari dei presidi: i vice-dirigenti della scuola, con il silenzio-assenso di altri sindacati, hanno già vissuto una pesante dequalificazione, privandoli dell’indennità di reggenza; ora si vuole eliminare del tutto la figura professionale, illudendosi del fatto che le scuole possano fare a meno del loro prezioso apporto e delle loro competenze grazie all’organico funzionale. Lasciando così almeno 1.500 scuole, prive di dirigente, nel caos più totale.
Sempre in tema di personale, vanno stabilizzati tutti gli assistenti amministrativi che hanno svolto per più di tre anni il ruolo di ‘Direttore dei servizi generali ed amministrativi’. Ma vanno banditi con celerità anche i concorsi per tutte le figure professionali: docenti, dirigenti e Dsga, tenendo sempre conto di una quota minima riservata al personale che ha dei ricorsi pendenti in merito all’esito dei concorsi passati.
Vanno, inoltre, ridisegnate le modalità di calcolo di assegnazione dei collaboratori scolastici alle scuole: non debbono essere più assegnati in base agli alunni, ma ai plessi scolastici. Tenendo conto della loro complessità e disposizione, spesso su più piani e in zone assestanti, che necessitano di un numero maggiorato di unità, sia per la sorveglianza sia per l’assistenza e la pulizia. Più in generale, vanno riviste le modalità di individuazione degli organici di tutto il personale: vanno presi in considerazione, prima di tutto, i tassi di abbandoni scolastici e di flussi migratori.
Alla luce della particolare conformazione del territorio italiano, va anche rivista la quota di assegnazione del personale impegnato nelle scuole montane e nelle piccole isole: nelle scuole collocate in tali aree, i parametri non possono essere gli stessi adottati altrove, perché si tratta di realtà territoriali e scolastiche particolari che vanno per forza di cose tutelate: gli insensati tagli, anche del 40% degli ultimi anni, vanno assolutamente cancellati.
Sempre sul fronte degli organici, è bene che il Miur proceda con celerità a quel censimento nazionale per verificare tutti i posti vacanti e disponibili che avrebbe dovuto compiersi entro la fine del 2014: in caso contrario, sarà impossibile attuare l’organico funzionale e la collocazione ragionata delle 150mila assunzioni nella prossima estate. È inoltre indispensabile rispristinate quel sesto di tempo scuola, cancellato dalla riforma Gelmini, che ha fatto precipitare la nostra quantità formativa tra le più basse dell’area Ocse.
“È ora di finirla con le classi pollaio – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – perché rappresentano il punto più basso di dove ci hanno portato i tagli illegittimi di 200mila posti e 3.600 sedi autonome solo negli ultimi sei anni. Cancellare una scuola significa ledere la dignità di chi vi opera, discenti e personale. Su questi punti non c’è trattativa: se non verranno attuati siamo pronti a dare subito battaglia in Parlamento, attraverso gli opportuni emendamenti. E laddove l’Anief riuscirà a diventare rappresentativa a seguito del rinnovo delle RSU di inizio marzo, per presentare le liste nelle scuola il personale ha tempo fino al 6 febbraio, rivendicheremo questi diritti anche ai tavoli di trattativa all’Aran e al Ministero dell’Istruzione”.