PRONTO SOCCORSO IN TILT: CHIUDIAMO PER TAGLI

La soluzione al sovraffollamento dei Pronto Soccorso è semplice: chiudiamoli. E’ una provocazione quella lanciata dall’Anaao Assomed, ma è inaccettabile – sostiene il sindacato – che Regioni e Aziende sanitarie continuino a dare “la colpa” all’influenza, non ancora arrivata al picco, e al flop della vaccinazione, piuttosto che prendere atto di una realtà, non solo stagionale e non solo delle regioni “meno virtuose”, che è il prodotto dei tagli di posti letto e di personale effettuati in tutti gli ospedali pubblici, del nord, del centro e del sud del Paese.

Le immagini che i media diffondono sono chiare: quello che rende drammatico il sovraffollamento è la visione di pazienti in barella uno accanto all’altro, in ogni angolo dei PS che, già visitati e con terapie avviate, hanno bisogno di ricovero e attendono un posto letto che in ospedale non c’è. Gli accessi cosiddetti impropri rappresentano certo un sovraccarico di lavoro per gli operatori, ma non la causa del collasso dei PS.

I rimedi escogitati dalle amministrazioni regionali e dalle aziende sanitarie appaiono meri palliativi.
Il blocco dei ricoveri programmati si traduce di fatto nel blocco di tutte le attività chirurgiche dei pazienti in attesa, anche per patologie gravi, trasformando gli ospedali pubblici in “ospedali da campo” dedicati solo all’emergenza, provocando la frustrazione del personale e costringendo i pazienti che non possono aspettare a ricorrere ancora al PS.

Le case della salute, pur necessarie, migliorano l’azione di filtro territoriale ma non incidono sul fatto che i pazienti che hanno bisogno di ricovero sono sempre “troppi” rispetto ai posti letto disponibili.

Sterile anche il rimedio di rinforzare temporaneamente gli organici dei PS, quasi fossero degli avamposti in una zona di guerra. Più medici e più infermieri sono necessari in pianta stabile e non solo per i PS, a meno di non dichiarare ufficialmente che il PS non è più il luogo di accoglienza delle emergenze, di stabilizzazione e di invio a reparto, ma il luogo di cura definitivo.

Singolare infine la scelta di alcune regioni come il Lazio: 400 posti letto in più nelle strutture accreditate. Ma se alla fine si giunge a riconoscere che il problema sono i posti letto, non è preferibile ripensare ai tagli effettuati in questi anni ed in questi mesi?

Occorre prendere atto una volta per tutte che il cronico (non occasionale o stagionale) collasso dei PS è solo la conseguenza di una politica di sottrazione progressiva ed inesorabile di risorse umane ed economiche alla Sanità pubblica. Si lascia aperta la sola porta dei PS per garantire il diritto a curarsi. In che condizioni e con quali sacrifici per pazienti ed operatori, ormai è sotto gli occhi di tutti.