SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE MEDICA: OSARE DI PIù

Il fatto che il Ministero della Salute abbia controfirmato il decreto del MIUR su un riordino delle scuole di specializzazione medica atteso da anni, è una notizia positiva. Finalmente, commenta Anaao Giovani, si pone rimedio, almeno in parte, all’errore di programmazione, uno dei tanti, commesso nel 2005. Un momento così tanto atteso dai giovani colleghi da sapere già di vecchio.

Ma le buone notizie finiscono qui. Non solo perché il riordino è ancora parziale, lasciando la durata di alcuni corsi ben al di sopra dello standard europeo, prolungando un parcheggio di cervelli funzionale alla moltiplicazione delle cattedre, sordo alle esigenze occupazionali dei giovani e indifferente di fronte alle carenze nei ranghi del Servizio Sanitario Nazionale. Ma, soprattutto, perché Miur e Salute comunicano, con segnali di fumo, al mondo intero che l’incremento di circa settecento contratti atteso, non si sa da quando, sia la risposta salvifica allo smottamento organizzativo e professionale della formazione medica. E che il sistema delle reti formative e dei crediti professionalizzanti sia il nuovo che avanza.

Svanito l’imbuto tra numero chiuso, non per il TAR, del corso di Laurea e numero di posti nelle scuole di specialità, riempito da migliaia di camici bianchi senza lavoro e senza formazione. Dissolta, come per incanto, la fastidiosa sensazione che i medici specializzandi siano la forza lavoro a basso costo necessaria alla effettuazione dei volumi di attività che consentono la sopravvivenza delle strutture a direzione universitaria.

Nel suo discorso di insediamento il presidente della Repubblica ha posto grande attenzione al disagio giovanile, inteso soprattutto in termini di mancata occupazione, e ha indicato "quella" una "mancanza" da superare. Chi condivide il suo messaggio dovrebbe evitare inutili demagogie e ammettere che la formazione medica richiede un serio cambiamento, di verso e di paradigma, come da tempo, non da soli, andiamo chiedendo.

Settecento contratti in più, senza neanche sapere da quando partono, sono certo meglio di niente ma ne occorrono almeno tremila in più per gli anni accademici a venire, da assegnare attraverso una graduatoria unica nazionale che ponga fine alla macchinosità di quella in essere. E, soprattutto, occorre un sistema formativo di stampo europeo che garantisca il diritto a completare l’iter formativo per tutti coloro che si laureano in Medicina, in un rapporto che sia di lavoro, sia pure finalizzato alla formazione per gli anni necessari.

Il Governo non esiti ad osare. Basta agli equilibrismi tra chi vuole fare il gattopardo e chi vuole lavoro decapitalizzato, da pagare al massimo ribasso. Proviamo a pensare ai giovani, che non meritano questo trattamento, ed al futuro della sanità pubblica.