Prende forma il motivo dello slittamento al 3 marzo dei due decreti sulla ‘Buona scuola’, previsti in discussione in CdM inizialmente per venerdì 27 febbraio: a sei mesi dalla prima presentazione, il Governo, riporta oggi la stampa specializzata, sembrerebbe ancora caccia dei soldi per finanziare la riforma, in particolare le assunzioni dei 140mila docenti. “Il MEF se le sta inventando proprio tutte. Forse verrà ridotto ancora il fondo d’istituto, quasi certamente saranno bloccate le ricostruzioni di carriera. Il primo gradone stipendiale potrebbe arrivare a 12 anni”.
Nello specifico, “si sta pensando di allungare ulteriormente il primo "gradone" (ora di 9 anni) e di raffreddare le ricostruzioni di carriera, rinviandole magari a tempi migliori. E già si parla di una nuova riduzione del fondo di istituto già adesso del tutto insufficiente a remunerare il maggiore impegno dei docenti e del personale ATA”.
Se le cose stanno così, se veramente il Governo vuole fare la riforma a costo zero, recependo i fondi dallo stesso comparto danneggiando ancora una volta i neo-assunti, Anief risponde subito che si tratta di un percorso impraticabile: prima di tutto perché i soldi per procedere alle assunzioni sono stati stanziati, con la Legge di Stabilità 2015, anche per i prossimi anni; in secondo luogo perché, dopo che si è espressa anche la Corte di Giustizia europea sul tema della parità retributiva, è finito il tempo dei compromessi a danno dei precari e dei neo-assunti.
“Pensare di immettere in ruolo i docenti in cambio del prolungamento della cosiddetta carriera raffreddata – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – vorrebbe dire venire meno quel principio della parità retributiva che non dovrebbe più essere messo in discussione. Non è possibile, infatti, barattare le assunzioni del personale, una procedura naturale per coprire il turn over e i posti vacanti, con il blocco per quasi tre lustri di uno stipendio che già oggi figura tra i più bassi d’Europa e con l’indennità di vacanza contrattuale sospesa fino al 2018”.
“Come sindacato stentiamo a crederci: anziché andare a cancellare quel Contratto collettivo di lavoro, sottoscritto il 4 agosto 2011, che con il pieno accordo di Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals Confsal e Gilda Unams, che aveva fatto sparire il primo ‘gradone’ dei neo-assunti, al Mef stanno addirittura pensando di estendere quell’ingiustizia cancellando anche il secondo passaggio di livello stipendiale”.
Anief promette, però, che se con la Buona Scuola venisse approvata una norma di questo genere, è pronta sin d’ora a dare battaglia al Governo e all’amministrazione: “faremo pervenire al Miur ha valanga di ricorsi, nei quali si chiederanno dei risarcimenti decisamente superiori alle spese che lo Stato avrebbe dovuto affrontare per dare loro gli aumenti automatici in busta paga. Si tratta di una cifra che va dai 30mila ai 50mila euro a docente con 10 anni di precariato”, spiega ancora Pacifico.
Il conto è presto fatto: la giurisprudenza è infatti sempre più orientata ad assegnare come indennizzo base 15 mensilità, cui si aggiunge il 2,5 per cento di ‘collegato al lavoro’, che porta il rimborso a circa 24mila euro a precario; ci sono poi da aggiungere 10mila euro di mancata assegnazione di scatti di anzianità nel periodo delle supplenze; infine, 15mila euro per non aver corrisposto le mensilità estive a tutti coloro cui è stata assegnata una cattedra sino al 30 giugno benché fosse vacante e quindi fino al 31 agosto di ogni anno.
“A chi dice che si tratta di discorsi teorici – continua il sindacalista Anief-Confedir – rispondiamo ancora una volta con le sentenze che hanno portato immissioni in ruolo d’ufficio e cospicui indennizzi: dopo i tribunali di Trani, Napoli e Crotone, proprio in questi giorni è stata la volta di Siena, dove il giudice ha disposto l’assunzione dei precari ricorrenti e un risarcimento per mancata stabilizzazione pari a 20 mensilità. E questo è il destino che attende l’amministrazione statale qualora non cambiasse pagina: è assurdo continuare su questa strada, demandando ai tribunali quanto dovrebbe stabilire il legislatore, ma la nostra mission è difendere i lavoratori dalle scelte sbagliate di chi ci governa”.