Nel 2015 la pressione fiscale diminuirà di un punto decimale, passando dal 43,3% del 2014 al 43,2%. Nel biennio 2016-2017, invece, si stabilizzerà al 43,6%. Sono le parole del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Il futuro è, quindi, contrassegnato da un aumento delle tasse nazionali e, come abbiamo constatato già da quest’anno, da quelle locali. Non è una bella notizia per i contribuenti che speravano in un allentamento della pressione fiscale. Sull’altro lato della bilancia c’è la cosiddetta "economia informale" così come l’ha definita l’associazione Bruno Trentin, che comprende l’economia sommersa, informale e illegale che vale tra i 250 e i 290 miliardi di euro e che comporta un mancato gettito di circa 90 miliardi, dovuto all’evasione fiscale. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha dichiarato che il 60% delle aziende controllate sono irregolari. Tutto questo ci induce a pensare che il vero ammortizzatore sociale nel nostro Paese sia l’economia informale (eccetto quella illegale). Cittadini e imprese si difendono da uno Stato vorace e inefficiente ricorrendo all’informalita, senza la quale famiglie e imprese non riuscirebbero a sopravvivere. Ovvio, che la situazione non è "sana" ma questo consente di tirare avanti in attesa di tempi migliori e con la speranza (vana) che lo Stato sia meno ingordo e fornisca migliori servizi. I fatti, come abbiamo scritto, smentiscono le aspettative: le tasse aumentano, lo Stato non razionalizza la spesa (Cottarelli dov’è?) e le corporazioni sono tutte lì a tutelare i propri privilegi.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc