Anaao: i medici scrivono al Presidente Renzi

Signor Presidente,
da mesi La sentiamo battere sul tasto del capitale umano, leva per risollevare le sorti del nostro Paese: "… se vuoi mettere in moto il paese per i prossimi 30 anni o vai sul capitale umano o non vai da nessuna parte" (iniziativa Pd sulla scuola – 22 febbraio 2015).
“I tre punti della riforma saranno il capitale umano, i tagli agli sprechi e gli open data come strumento di trasparenza e innovazione" (30 aprile 2014, a proposito della riforma della Pubblica Amministrazione).
“Il capitale umano è l’unico grande strumento con il quale l’Italia uscirà dalla crisi” (27 novembre 2014, convegno della Guardia di Finanza).

Come darLe torto? Puntare sul capitale umano è giusto, non solo per il sistema di istruzione, ma anche per quello sanitario, entrambi fondati sul sapere, sul sapere fare e sul sapere essere degli operatori. Ma se la Scuola occupa oggi la prima pagina della politica e dell’informazione, la Sanità fa notizia a poussè periodiche: per la situazione disumana di alcune realtà assistenziali, per i casi, veri o spesso presunti, di malasanità, per l’ininterrotta sequela di quanti continuano ad arraffare quello che possono. Rientra a pieno titolo nei palinsesti della cronaca, o nei dibattiti di approfondimenti di valenza sociale, ma, quasi mai, nella attenzione politica, se non come puro costo da abbattere, lusso che non ci potremmo permettere.
Se il cuore della buona scuola sono gli insegnanti, il cuore della sanità migliore sono i medici ed il lavoro dei professionisti. Quelli che nei convegni sono le risorse umane, nei fatti, però, diventano solo costi da tagliare prima e di più degli altri, fattori produttivi, macchine banali prive di ruolo sociale, da tenere sotto controllo in quanto costose e generatrici di costi. Dopo le “cure” dei governi che La hanno preceduto, da Tremonti a Siniscalco, da Monti a Padoa Schioppa, il capitale umano nel Sistema Sanitario, oggi vale quanto le azioni della Lehman Brothers dopo il 15 settembre 2008. Andando sempre più depauperandosi, da un punto di vista quantitativo e qualitativo, fino ad essere appena sufficiente a mantenere le attività di base e le (continue) emergenze. Alla sfiducia degli operatori si aggiunge la scarsa considerazione di chi avrebbe il compito di valorizzare le risorse umane risultando la demagogia spiccia e gli economisti dei tagli lineari totalmente insensibili a questo obiettivo.
Non si salvano da questa deriva neppure le “risorse fresche”. Oggi i giovani medici sono lasciati nel limbo post-laurea senza possibilità di completare la loro formazione, in uno stato di sotto-occupazione a buon mercato o precariato stabile, nuovo ossimoro della lingua italiana, che mette in discussione la stessa continuità delle cure. Ignorati dal jobs act, vivono uno stato di disagio nel presente e di incertezza sul futuro che li spinge a cambiare Paese. Un regalo da 150.000 euro ai vicini per ogni medico che lascia (solitamente per sempre) il suolo natìo. Una fuga sestuplicata negli ultimi 5 anni.
Un singolare caso di trasformazione transfrontaliera: un capitale umano che le agenzie di rating definirebbero da tripla B, paragonabili ai titoli “spazzatura”, nel proprio paese, che diventa prezioso appena valica il confine.
Si sta diffondendo, specie al Sud, una assistenza precaria in una sanità provvisoria, una supplentite senza fine garantita da una precarietà esistenziale che Lei ha bene descritto per la scuola.
Ha ragione: “bisogna assumerli i precari, per non consentire che uno prima ancora di arrivare in una scuola (o nel nostro caso in un ospedale) abbia già perso tutti gli entusiasmi”.
Certo, la precarietà in Sanità a qualcuno fa comodo. A chi si illude di risparmiare negando diritti e facendo convivere negli stessi spazi fisici, e spesso a fare lo stesso lavoro, stati giuridici ed economici differenti, garantiti e non, con questi ultimi in attesa di un rinnovo di contratti sempre più corti in un precariato sempre più lungo, cui il DPCM in via di pubblicazione non darà soluzione.

Signor Presidente,
è certo vero che “ciò che Sua figlia sarà, dipenderà dagli insegnanti che troverà sulla sua strada”. Ma è altrettanto vero che il suo stato di salute dipenderà dai medici che incontrerà e dal sistema sanitario in cui si troverà ad esigere il suo diritto alla salute. Che non potrà dipendere dal luogo in cui si troverà a vivere e dalle condizioni di lavoro degli operatori. Anche la sanità può contribuire a cambiare l’Italia costituendo anche un formidabile volano per l’economia. A condizione di restituire valore a chi tiene aperti i cancelli della “fabbrica ” garantendo la salvaguardia di un bene prezioso come la salute, con un lavoro gravoso e rischioso che non conosce giorni e notti di pausa. Dove sono le competenze e le capacità del capitale umano a fare la differenza tra la vita e la morte, la salute e la malattia.
A quando la valorizzazione del lavoro professionale svolto all’interno di un servizio sanitario che ha il migliore rapporto in Europa tra costi e risultati, assicurando anche quella coesione sociale che è un vantaggio competitivo in tempi di crisi?

Signor Presidente,
attendiamo fiduciosi l’hashtag dare speranza alle speranze di giovani e donne e uomini che reclamano semplicemente il diritto a curare con la dignità, l’autonomia e la responsabilità che derivano da un percorso formativo di lunghezza e complessità senza pari e dal ruolo che assegna loro la Costituzione italiana.

Distinti saluti.
Costantino Troise
Segretario Nazionale Anaao Assomed