Pericolo droni per lo scalo aereo di Trapani Birgi

di Antonio Mazzeo

Come trasformare uno degli scali aerei low cost più trafficati d’Italia in un poligono sperimentale per i droni killer. Da quasi due anni l’aeroporto di Trapani Birgi è utilizzato da un’azienda privata straniera per testare nuovi velivoli senza pilota da esportare nei principali teatri di guerra internazionali. Decolli e atterraggi ad altissimo rischio per il traffico aereo passeggeri e spericolate evoluzioni sulle teste delle decine di migliaia di abitanti delle città di Trapani e Marsala e delle isole Egadi. Il 19 marzo scorso si è pure sfiorata la tragedia nello scalo siciliano. Alle ore 13, un prototipo di aeromobile a pilotaggio remoto P.1HH “HammerHead” (Squalo martello) della Piaggio Aerospace è uscito fuori pista durante le prove di rullaggio per la valutazione delle caratteristiche di ground handling. Il drone ha terminato la sua corsa nel prato circostante la pista, senza riportare danni di rilievo. La pista è stata temporaneamente chiusa, il traffico civile è stato dirottato sull’aeroporto di Palermo – Punta Raisi e gli sfortunati passeggeri hanno dovuto poi raggiungere Trapani in bus.
“L’evento è accaduto durante un’attività realizzata nell’ambito del programma di sviluppo e sperimentazione del sistema da parte della Piaggio Aerospace, cui l’Aeronautica Militare sta fornendo supporto tecnico-logistico a livello aeroportuale”, recita un laconico comunicato delle autorità aeroportuali. “L’Aeronautica Militare e Piaggio si sono attivate per rimuovere il mezzo e riaprire la pista nel più breve tempo possibile, al fine di ripristinare il normale traffico aereo militare e civile sulla base, così il traffico è ripreso alle 15.30 circa”.
Lo Squalo martello che si posiziona nella fascia alta dei velivoli a pilotaggio remoto MALE (Medium Altitude Long Endurance), è stato progettato e realizzato negli stabilimenti Piaggio di Villanova d’Albenga (Savona). Si tratta della versione senza pilota del bimotore P.180, utilizzato in ambito civile e militare da numerosi paesi al mondo. Con un’apertura alare di 15,5 metri, il drone può raggiungere la quota di 13.700 metri e permanere in volo per più di 16 ore. La missione è gestita da una stazione di terra, collegata attraverso un centro di comunicazione in linea di vista e via satellite. Il velivolo è stato dotato da Selex ES (gruppo Finmeccanica) di torrette elettro-ottiche, visori a raggi infrarossi e radar “Seaspray 7300” che consentono d’individuare l’obiettivo, anche in movimento, fornendo le coordinate per l’attacco aereo o terrestre, o colpendolo direttamente con missili e bombe a guida di precisione (lo Squalo martello può trasportare sino a 500 kg di armamenti).
Nei mesi scorsi l’Aeronautica italiana ha firmato con Piaggio Aerospace un contratto per l’acquisto di tre sistemi completi P-1HH con sei velivoli a pilotaggio remoto e tre stazioni di controllo terrestre (la consegna è prevista entro i primi mesi del 2016). I voli sperimentali del prototipo dello Squalo martello sono però condotti a Trapani Birgi dal novembre 2013, sotto la guida di un’équipe composta da tecnici di Piaggio e Selex-Finmeccanica e dal personale del 37° Stormo dell’Aeronautica di stanza nello scalo trapanese. L’ultimo ciclo dei test in Sicilia era stato annunciato ai piloti di aeromobili lo scorso 29 gennaio con il NOTAM B0443/15: “dal 15 febbraio al 15 aprile 2015, l’aerodromo potrebbe essere chiuso al traffico ogni giorno per 45 minuti previa autorizzazione e contatto radar durante l’esecuzione delle attività già preannunciate dal NOTAM W0191/15 (attività di velivoli senza pilota)”. Due mesi interi, dunque – comprensivi di feste pasquali – di pericoloso asservimento del traffico aereo civile per i profitti finanziari di una società, Piaggio Aerospace, il cui capitale azionario è in mano alla Mubadala Development Company, la società di investimenti strategici del governo degli Emirati Arabi Uniti.
L’aeroporto “Vincenzo Florio” di Trapani Birgi è classificato come “scalo militare destinato al ruolo di Deployement Operating Base (DOB)”: sostiene cioè i “rischieramenti temporanei” di velivoli da guerra italiani e NATO, ma le sue due piste lunghe rispettivamente 2.695 e 2.620 metri, possono essere aperte al traffico aereo civile “a determinate condizioni”. Attualmente lo scalo ospita il Comando del 37° Stormo dell’Aeronautica militare, il 18° Gruppo di volo dotato di otto caccia multiruolo di ultima generazione Eurofighter Typhoon per la sorveglianza dello spazio aereo mediterraneo e l’82° Centro CSAR (Combat Search and Rescue), equipaggiato con gli elicotteri HH-3F, con compiti di ricerca e soccorso degli equipaggi dispersi e il trasporto sanitario d’urgenza. Dalla seconda metà degli anni Ottanta, Trapani Birgi è pure la base operativa avanzata (FOB) degli aerei-radar E-3A AWACS nell’ambito del programma multinazionale NATO Airborne Early Warning Force per la sorveglianza integrata dello spazio aereo, il cui comando generale è ospitato a Geilenkirchen (Germania).
L’infrastruttura siciliana è stata una delle basi più utilizzate dalla coalizione internazionale per le operazioni di guerra in Libia, dal 19 marzo al 31 ottobre 2011: stando alle stime ufficiali, la NATO ha lanciato da Trapani quasi il 14% dei raid aerei contro obiettivi libici. Il conflitto ha comportato lo stop del traffico aereo civile per undici giorni di seguito, con effetti pesantissimi sull’economia e il turismo nella Sicilia occidentale. A quattro anni di distanza, il governo Renzi ha autorizzato l’esborso di una “prima” tranche di 5 milioni di euro a favore della società mista che gestisce lo scalo trapanese, come parziale risarcimento dei mancati guadagni durante la guerra alla Libia. Nel 2014 da Birgi sono transitati 1.598.571 passeggeri: donne, uomini e bambini ignari che un manipolo di militari e costruttori di droni testavano i futuri strumenti di distruzione di massa mettendo seriamente a rischio le proprie vite.