L’odissea greca non finirà a Giugno, ma non sarà la causa del prossimo crollo dei mercati finanziari

Con i primi di Giugno, e per tutto il mese, scadono alcuni pagamenti che il governo greco deve fare al Fondo Monetario Internazionale (FMI). Il mancato pagamento al FMI implica gravissime conseguenze (in sostanza un default accelerato) e la Grecia, come tutti sanno, non ha i soldi per pagare i miliardi di euro che dovrebbe sborsare da Giugno in poi. Da tre mesi, ormai, si alternano le dichiarazioni che fanno parte del gioco delle parti di una trattativa estenuante fra nuovo governo greco e la commissione europea, il FMI e la Banca Centrale Europea (BCE). Si alternano giorni nei quali i mercati sono pessimisti e temono il default, a giorni nei quali si scommette in un accordo ormai imminente. Pochissimi giorni fa pareva che l’accordo fosse ormai cosa fatta ed autorevoli esponenti del governo greco dicevano che i pagamenti sarebbe stati fatti (grazie all’accordo). E’ di questi minuti, invece, la dichiarazione del direttore del FMI che si mostra molto pessimista sulla possibilità di raggiungere un accordo e non esclude addirittura un Grexit (ovviamente seguiranno smentite). Era previsto che la Grecia avesse i soldi per pagare il Fondo Monetario in base ad un programma di aiuti già concordato, ma che l’Europa ha bloccato perché non sono state mantenute alcune delle condizioni alle quali il prestito era vincolato. Il grosso del problema è una profonda differenza di visione nella politica economica fra la così detta “troika” (Commissione Europea, BCE e FMI) ed il nuovo governo Greco, in particolare il suo eccentrico ministro delle finanze Janis Varoufakis. La visione della troika è quella oggi prevalente nell’accademia che predica la così detta “austerity”, cioè: taglio della spesa pubblica ed aumento delle tasse per rientrare dal debito. La visione di Varoufakis è che in questo modo si aggrava la crisi invece che uscirne e che il solo modo di uscirne è puntare sulla crescita economica e per fare questo lo stato non può tagliare la spesa (perché deprime il PIL) ed aumentare le tasse. Le due visioni sono sostanzialmente inconciliabili, ma il Grexit, (cioè l’uscita dall’Euro) non è temuta solo dalla Grecia, ma moltissimo anche dalla Germania (che è la vera beneficiaria della moneta unica) e quindi una qualche soluzione andrà trovata e, noi crediamo, si troverà. Dovrà essere, però, una soluzione che salvi la faccia ad entrambi i contendenti e quindi non sarà una vera soluzione. Sarà soltanto, con tutta probabilità, un rimandare sine die il problema. Lo scoglio di Giugno, in qualche modo, verrà superato, ma il nodo del problema non verrà affatto affrontato e ci ritroveremo questa odissea greca ancora sulle prime pagine dei giornali fra qualche mese. Molti si domandano se l’eventuale Grexit possa rappresentare veramente un evento catastrofico o no. Ovviamente noi non abbiamo la risposta definitiva e crediamo che nessuno possa averla. Riteniamo però che correre il rischio, così com’è stato fatto per Lehman Brothers nel 2008, sarebbe da veri irresponsabili. E’ molto probabile che, a distanza di così tanti anni dall’inizio dalla crisi, ormai buona parte delle “contro misure” finanziarie siano state prese e – sicuramente – le conseguenze sarebbero molto inferiori rispetto a quelle che ci sarebbero state se nel 2011 la Grecia fosse uscita dall’Euro Ciò nonostante, un Grexit, anche oggi, avrebbe certamente conseguenze irrecuperabili sul progetto di lungo periodo dell’area Euro e sarebbe politicamente inaccettabile. Per questo riteniamo altamente improbabile il Grexit. Piuttosto, ci trascineremo il problema della Grecia ancora per molti mesi fino a quando non si creerà finalmente un clima politico in Europa che renderà possibile l’unica soluzione della crisi: un sostanziale stralcio del debito che la Grecia ha nei confronti delle istituzioni pubbliche (BCE, FMI e Governi) così come è stato fatto per il debito privato senza imporre ulteriori misure di austerity al popolo greco già stremato dalla precedenti misure. Sebbene le varie notizie sui negoziati relativi alla crisi greca siano in grado di orientare i mercati finanziari nel breve termine, noi riteniamo che molto difficilmente saranno questi fatti a determinare il prossimo crollo dei mercati. Ovviamente non possiamo sapere quando avverrà il crollo, ma ci sembra molto utopistico ritenere che possa non esserci. Tutti sanno che i prezzi dell’obbligazionario sono sostanzialmente folli. Sui mercati obbligazioni abbiamo delle ipervalutazioni. Sui mercati azionari la situazione è un po’ più variegata. Abbiamo una forte sopravvalutazione sul mercato USA e prezzi alti, ma meno folli, in Europa, in particolare quella più periferica. E’ ragionevole pensare, però, che – continuando così la situazione – i prezzi dell’azionario continueranno a salire (ovviamente fra alti e bassi) creando una vera e propria bolla anche nell’azionario. Ritenere che queste due bolle si possano sgonfiare “dolcemente” sotto una sapiente guida delle banche centrali ci sembra molto, ma molto ottimistico. L’ultima parte di Aprile e la prima di Maggio ci hanno dato un’idea di quello che potrà accadere. Il decennale tedesco ha perso in pochi giorni circa il 7%. Anche l’azionario si è molto ridimensionato, anche se la “buriana” è durata relativamente poco. Quando il mercato crollerà, eventi del genere non dureranno due o tre settimane, ma – ovviamente intervallati da periodi di pausa – alcuni mesi. Che cosa potrà far “girare” il mercato? E’ ovviamente impossibile rispondere con precisione ad una domanda del genere, ma sappiamo che l’analisi storica dei mercati finanziari ci dice che molto difficilmente sono notizie già note che innescano l’inversione di tendenza. La questione greca è ormai totalmente sviscerata. Sappiamo praticamente tutto di questa crisi e, come abbiamo già scritto, è ragionevole supporre che buona parte delle contromisure siano stata prese da chi potrebbe esserne direttamente e immediatamente coinvolto. E’ molto più probabile che ad innescare l’inversione del sentiment del mercato siano notizie che oggi non riusciamo neppure ad ipotizzare come eventi non finanziari che però possono avere ripercussioni economiche. L’altra ipotesi è che l’inversione avvenga per eventi endogeni al mercato come l’aumento dei tassi più veloce del previsto o un richiamo a catena di margini (cioè il disinvestimento forzoso ed automatico degli investimenti fatti a leva) scatenato da qualche vendita improvvisa. In tutti i casi, il punto è che non possiamo sapere quando avverrà, possiamo solo ragionevolmente attenderci che avverrà. Forse abbiamo ancora qualche trimestre prima che i mercati invertano la tendenza, forse un annetto o qualcosa in più, ma è proprio questo il momento in cui è possibile sistemare i nostri portafogli finanziari affinché non vengano danneggiati dal momento in cui vi sarà il crollo. L’eventuale rendimento perso, nel risistemare il portafoglio con troppo anticipo, apparirà niente in confronto ai vantaggi ottenuti quando la paura tornerà a scorrere nelle vene dei mercati. Oggi sembra quasi impossibile che ciò accada, ma accadrà, è solo questione di tempo.

Alessandro Pedone, Responsabile Aduc per la Tutela del Risparmio