Come fa a dire che le scuole non dovranno più chiamare i precari?

Come fa un ministro della Repubblica a dire che a grazie alla riforma della scuola non ci saranno più precari nella scuola in attesa di una telefonata? E che non avremo nemmeno più scuole che il primo settembre devono mettersi a chiamare i potenziali supplenti? Che sono tutte cose che ora vengono superate? A chiederlo pubblicamente è l’Anief, dopo aver ascoltato le parole tranquillizzanti del ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, a seguito della denuncia, formulata nei giorni scorsi dallo stesso sindacato autonomo, sull’altissima probabilità che il nuovo anno scolastico si apra all’insegna del caos e dei disservizi, aggravati proprio dall’approvazione della riforma della scuola.

“È una riforma pensata per portare ordine e stabilità, sarebbe molto strano se invece generasse caos”, ha replicato ancora il titolare del Miur. Mostrandosi, dunque, davvero “ottimista sugli esiti immediati della riforma e ritiene che essa apporterà vantaggi fin da settembre. In particolar modo – ha sintetizzato la rivista ‘Orizzonte Scuola’ – per la questione dei precari e la copertura immediata delle cattedre”. Parole tanto in linea con la volontà espressa dal premier Renzi di voler eliminare la ‘supplentite’, quanto distanti dalla realtà con la quale tra poche settimane dovranno scontrarsi tutti i presidi della gran parte delle scuole autonome italiane.

Il caos a settembre, ribadisce invece il sindacato, sarà inevitabile. Perché, oltre alla mancanza dei vicari dei presidi, che dovranno tornare in classe, alla presenza di 1.700 reggenze, alle supplenze da assegnare solo per l’assenza del titolare di più giorni, al taglio di oltre 2mila Ata, al e all’introduzione dell’organico potenziato solo sulla carta, con i docenti aggiuntivi che arriveranno non prima del 2016 perché i collegi dei docenti devono ancora esprimersi sul fabbisogno da chiedere al Miur e i presidi che dovranno fare i conti con la soppressione di altre 2.245 cattedre, bisognerà aggiungere il fatto che rimarranno comunque da assegnare qualcosa come 80mila cattedre annuali. Molte delle quali sono considerate dall’amministrazione, a torto, dei posti non proprio vacanti e quindi da affidare a supplenza sino al 30 giugno.

Sempre il Miur ha fatto sapere che non li ha considerati dei posti utili al ruolo proprio per questo motivo. Anief torna a ripetere che sarebbe bastato un censimento negli 8.500 istituti scolastici per scoprire che la gran parte di quelle cattedre sono libere a tutti gli effetti. Quindi utili anche alle immissioni in ruolo, anche perché la copertura economica (per 150mila e non 102mila) era garantita dalla Legge di Stabilità 2015.

Senza contare che all’ultimo momento, tra le righe, nella stessa riforma è stato rispuntato all’ultimo momento l’organico di fatto: al comma 69 della Legge 107/2015, viene indicata la necessità di nominare dei supplenti, dal 2016/2017, secondo un nuovo organico dalla validità annuale a cui accedere attraverso le Graduatorie ad esaurimento e d’Istituto, per rispondere alle esigenze eccezionali di personale docente. Come quelle legate all’aumento delle iscrizioni nelle classi prime della scuola dell’infanzia e della secondaria di secondo grado (art. 4, DPR 81/09). Ma per Anief questo organico virtuale dovrebbe essere valido per le immissioni in ruolo, in quanto è da annoverare come organico di diritto. Invece, in questo modo si perpetua il precariato e la ‘supplentite’. Perchè rimarranno 100mila supplenze sono al 30 giugno dell’anno successivo, che però non possono essere ricoperte.

Ma non finisce qui. Perché ora si scopre che dalle Graduatorie ad Esaurimento si estrapoleranno appena 70mila docenti: quasi il doppio, circa 130mila, rimarrebbero fuori. Per arrivare alle 102mila immissioni in ruolo previste dalla riforma, gli altri docenti verrebbero acquisiti dalle liste di attesa prodotte a seguito dei concorsi pubblici. Ma considerando che quest’anno sono state assegnate oltre 118mila supplenze annuali, ne rimarrebbero fuori più di 16mila. Che andranno, se la matematica non è un’opinione, ad essere conferiti a docenti precari. A cui vanno aggiunti i prossimi pensionamenti, che si concretizzeranno il 1° settembre: almeno altri 20mila posti. Quindi, in totale, ci sono già quasi 40mila cattedre che rimarranno scoperte. A cui se ne aggiungono altrettante non dichiarate, considerate dal Miur parzialmente libere e quindi assegnate solo fino al mese di svolgimento degli scrutini finali. E siccome molte classi di concorso sono esaurite, senza più aspiranti idonei ai concorsi o inseriti nelle GaE, saranno proprio i presidi a dover alzare il telefono per convocare i supplenti collocati nelle graduatorie d’Istituto.

“Dopo aver ammesso ottimisticamente, solo qualche giorno fa, che per sopprimere il precariato servivano almeno un paio d’anni – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief, segretario organizzativo Confedir e confederale Cisal –, ora Giannini ci viene a raccontare che non ci saranno più supplenze e che le scuole non dovranno più chiamare nessuno per coprire le cattedre. Siamo davvero molto preoccupati. Perché il ministro, probabilmente, non conosce la complessa materia di cui sta parlando, fatta di decine e decine di classi di concorso, in diversi casi impossibili da unificare per affinità e quindi non facilmente sostituibili in caso di mancanza del titolare di cattedra. Oppure vuole prefigurare bonariamente – tranquillizzando personale scolastico, studenti, famiglie e opinione pubblica – uno scenario ben diverso da quello che si andrà a determinare a settembre. Come se l’anno scolastico – conclude Pacifico – non arrivasse tra cinquanta giorni”.