Nel 2015 si rinforza la ripresa: Pil +0,8%, traino è turismo

L’Italia ha agganciato l’inversione di tendenza ed ha intercettato la crescita: nel 2015 il Pil crescerà dello 0,8%, mentre nel 2016 e nel 2017 la variazione si attesterà sul +1%, scontando le tensioni del quadro internazionale. Questo il quadro delineato dai dati contenuti nel “Rapporto Macro sulle prospettive dell’Economia italiana 2015-2017”, realizzato dal “REF Ricerche” per Confesercenti e presentato nel corso dell’edizione 2015 del tradizionale Meeting dell’associazione delle PMI, in svolgimento il 18 ed il 19 settembre a Perugia.

L’Italia riparte: nel 2015 ripresa più forte guidata da consumi e dal turismo. La ripresa, per ora, è guidata principalmente dalla ripartenza della spesa delle famiglie residenti, voce che include anche i consumi turistici, che quest’anno hanno subito un’accelerazione grazie al buon andamento della stagione turistica: secondo le stime di Confesercenti, quest’anno gli arrivi internazionali in Italia dovrebbe crescere del 4%, superando quota 50 milioni. Per quanto riguarda le famiglie italiane, la ripartenza dei consumi (+0,8% quest’anno, +1,4% nel 2016 e +1,5% nel 2017) è dovuta all’effetto combinato della caduta del prezzo del petrolio, che ha portato ad un azzeramento dell’inflazione interna e favorito la crescita del potere d’acquisto dei consumatori, ma anche al bonus fiscale di cui hanno beneficiato i redditi più bassi.

Da dove si riparte: il bilancio di sette anni di crisi. I risultati che emergono dalla ricerca sono decisamente più prudenti rispetto alle cifre comunicate dal Governo con un Pil allo 0,9% nel 2015 ed un ulteriore rialzo annunciato, rispetto alle nostre previsioni, per il 2016. Ecco un rapido bilancio dell’entità delle perdite subite nel corso degli ultimi sette anni che ci consente di fare il punto sulla situazione del Paese all’inizio della nuova fase di ricostruzione del tessuto produttivo: nel 2015 il nostro Pil procapite è ancora circa il 9% inferiore ai livelli del 2008, mentre la produzione industriale si è contratta del 18 per cento. La caduta della produzione si è riflessa simmetricamente sulla base occupazionale del paese. Le unità di lavoro si sono ridotte del 7 per cento nell’intera economia. Anche se le esportazioni si sono oramai riportate sui livelli del 2008, la recessione ha colpito pesantemente la componente degli investimenti, di quasi il 30 per cento al di sotto dei livelli pre-crisi, ed il mercato interno: i consumi delle famiglie sono ancora di oltre il 7 per cento al di sotto dei valori d’inizio 2008, soprattutto per effetto di una riduzione del potere d’acquisto dei consumatori che ha superato il 10 per cento.

Queste cifre spiegano le ragioni della lentezza con la quale i miglioramenti tenderanno a prodursi. Inoltre, la crisi ha lasciato al nuovo ciclo di ripresa l’eredità di uno stock molto ampio di capacità produttiva non utilizzata e questo contribuisce a frenare la ripresa degli investimenti: Ref Confesercenti stima per il 2015 un tasso di investimenti fissi lordi dello 0,9% nel 2015 (per poi crescere al 2,2% nel 2016).

Rischi ed opportunità per la ripartenza: lo scenario internazionale. Con uno sguardo allo scenario internazionale, tra i fattori di rischio che condizionano la ripartenza della nostra economia c’è il deterioramento delle prospettive delle economie emergenti ed il deprezzamento delle rispettive valute che potrebbe ampliarsi, con il conseguente aumento delle esportazioni verso le economie avanzate ed il crollo delle importazioni. Le conseguenze dello scenario peggiore sull’area dell’euro si concretizzerebbero in un marcato rallentamento dell’export ed in un aumento delle pressioni competitive da parte delle economie emergenti. Le stime di Ref Confesercenti quantificano un tasso delle esportazioni per il 2015 del 3,4% che scenderà nel 2016 al 2,7%.

L’Italia riparte: nel 2015 ripresa più forte guidata dalla spesa delle famiglie. La ripresa, per ora, è guidata principalmente dalla spesa delle famiglie, che include anche i consumi turistici. Questo è un effetto anche della caduta del prezzo del petrolio, che ha portato ad un azzeramento dell’inflazione interna, favorendo la crescita del potere d’acquisto dei consumatori. In secondo luogo, i margini a disposizione della politica di bilancio, per quanto limitati, sono stati spostati soprattutto a favore delle famiglie, in particolare attraverso il cosiddetto “bonus fiscale”, di cui hanno beneficiato i redditi dei lavoratori dipendenti a reddito medio-basso. Anche se alcuni miglioramenti del potere d’acquisto delle famiglie non comportano meccanicamente una ripresa dei consumi a tassi sostenuti. Per ora i segnali sono contrastanti, in quanto i consumatori stanno cercando anche di incrementare il risparmio, ridottosi negli anni della crisi. Sinora i dati segnalano che la ripresa dei consumi è stata dominata dal recupero della domanda di beni durevoli, e in particolare di automobili.

Debito pubblico sale al 133% del PIL nonostante ‘sforzo fiscale’ da 100 miliardi di manovre in 5 anni.
Nell’ultimo quinquennio l’Italia ha realizzato un aggiustamento dei conti pubblici significativo.
Lo ‘sforzo fiscale’ realizzato dall’Italia tra il 2011 e il 2014 è stato pari a più di 100 miliardi di euro, ripartiti in maniera quasi equa tra entrate e spese: i risparmi di spesa ottenuti sono infatti pari a circa 49 miliardi, mentre le misure sulle entrate, concentratesi principalmente nel 2012, hanno avuto un impatto di circa 54 miliardi sul bilancio pubblico. Gli aumenti di imposte si sono concentrati sul versante delle imposte indirette, attraverso l’aumento di Iva e accise, e con il passaggio da Ici a Imu che, al di là delle incertezze sul prelievo sull’abitazione principale, tra il 2011 e il 2012 ha visto raddoppiare il gettito del prelievo sull’immobiliare.

Gli esiti in termini di aggiustamento dei conti pubblici derivanti dalla strategia adottata sono stati, però, modesti. Il deficit è sceso di poco più di due punti percentuali fra il massimo del 2009 e il livello del 2015: a fronte delle misure correttive messe in atto la crisi, aggravata dalle stesse misure di aggiustamento fiscale, ha a sua volta eroso le basi imponibili, pesando sulle voci del bilancio più sensibili al ciclo, come le entrate e alcune voci della spesa come gli interventi a favore dei disoccupati. Il risultato è che il debito pubblico, nonostante tutte le manovre degli anni scorsi, ha continuato a crescere passando dal 99.7 per cento del Pil del 2007 al 133 per cento circa di quest’anno.