Le cifre sullo spreco alimentare sono allarmanti. Oltre un terzo del cibo prodotto ogni anno nel mondo per il consumo umano, cioè circa 1,3 miliardi di tonnellate, va perduto o sprecato. Solo nei Paesi industrializzati viene buttata ogni anno una quantità di cibo, che, secondo alcune stime, sarebbe sufficiente a sfamare l’intera popolazione dell’Africa Sub Sahariana.
Lo spreco di cibo in Europa ammonta a 89 milioni di tonnellate, ovvero a una media di 180 kg pro capite. Lo spreco pro capite domestico maggiore si registra nei paesi più ricchi dell’Unione: Inghilterra, (110 kg), Italia (108 kg), Francia (99 kg), Germania (82 kg), Svezia (72 kg). Il 42% di questi sprechi avvengono- secondo autorevoli fonti- tra le mura di casa.
In Italia, ogni mese, 24.230 tonnellate di pane finiscono nella spazzatura. A livello domestico si sprecano mediamente il 17% dei prodotti ortofrutticoli acquistati, il 15% di pesce, il 28% di pasta e pane, il 29% di uova, il 30% di carne e il 32% di latticini. Da anni, Fiesa Confesercenti si batte per una politica di consumo consapevole del cibo, sia per la quantità che per la qualità, per evitare sprechi e tutelare il made in Italy, in tutte le sue forme.
“Lo spreco alimentare – dice Fiesa – ha conseguenze non solo etiche, economiche, sociali e nutrizionali, ma anche sanitarie e ambientali, dal momento che le enormi quantità di cibo non consumato contribuiscono fortemente ai cambiamenti climatici e al rischio dell’integrità ambientale. Vanno in questo senso la lotta alla desertificazione dei territori montani e collinari, oltre che di ampi strati di aree cittadine commercialmente non appetibili e le richieste di sostegno agli esercizi di vicinato alimentare per evitare i viaggi dello shopping alimentare, che costringe la gente ha riempire i carrelli per evitare più trasferte”.
“I nostri commercianti alimentari – aggiunge – per contrastare lo spreco già oggi sostengono con le loro iniziative le famiglie italiane, promuovendo azioni come quelle di vendere a metà prezzo dopo le ore 18,00 pane, focacce e pizze. Accanto a questo registriamo in tante parti d’Italia la collaborazione fattiva e solidaristica dei piccoli negozi con la chiesa e le parrocchie, con le Caritas, le comunità benefiche, la Croce rossa italiana, donando cibi a fine giornata/settimana, prodotti vicini alla scadenza o che hanno bisogno di essere consumati: dall’ortofrutta alla carne, ai confezionati”.
Fiesa, in audizione alla Camera in Commissione Affari Sociali, proprio sul tema del contrasto agli sprechi alimentari, si dice d’accordo con l’iniziativa legislativa atta a sostenere la richiesta di agevolazioni fiscali per la distribuzione commerciale ma rilancia la necessità di sostenere con la leva fiscale l’ammodernamento della rete distributiva tradizionale, per evitare lo spopolamento dei servizi primari delle campagne e dei quartieri dormitorio delle città.
“Riteniamo invece riduttivo e anche discriminatorio – conclude Fiesa – prevedere misure agevolative fiscali solo in favore dei supermercati che effettuano donazioni alimentari mediante la stipulazione di accordi o convenzioni con gli enti citati. Occorre che ci sia il riconoscimento di questi benefici anche a favore delle PMI alimentari al dettaglio”.