Grandi entusiasmi e sorrisi ovunque per l’Expo che chiude i battenti con risultati che tutti dicono positivi. Bilanci, interviste dove spiccano quelle ai politici in cui, prima ancora che comincino a parlare, si sa già cosa e come lo diranno. Complimenti soprattutto al ministro delle Politiche Agricole, onnipresente, giustamente. Lasciamo che sia il tempo, in era di comunicazione a 360 gradi in tutti i luoghi possibili e immaginabili, a spiegarci quali saranno i risultati e i risvolti di questa manifestazione territorialmente definita. Ci preme evidenziare un aspetto non secondario: le file. Che ovviamente sono il risultato di una organizzazione che non ha funzionato. Ma sembra che non siano esistite, incoraggiate anche dal fatto che i comuni mortali in fila che i maggiori media hanno deciso di intervistare, mediamente manifestavano contentezza per essere lì, a sfidare se stessi, a dimostrare anche ai propri altri le proprie capacità di sopportazione e sofferenza. Del resto, nel mondo ci sono quelli che camminano a piedi nudi sui carboni ardenti e dicono di essere felici, perche’ non dovrebbero essere felici quelli in coda otto ore per vedere, per esempio, il padiglione del Giappone: poi potranno raccontare ai propri cari di aver vinto la sfida. Probabilmente sono gli stessi che quando vanno all’anagrafe o all’Inps o alle Poste e fanno le loro -decisamente più umane file- sono lì che sbottano come dannati. Ma vuoi mettere una sfida come quella delle code dell’Expo? Chissà se hanno avuto, giunti alla meta, la stessa soddisfazione di chi ha scalato una montagna per lui difficilissima, oppure -molto piu’ probabile secondo il nostro punto di vista- la stessa soddisfazione di chi emula il gesto più estremo del proprio presunto simile che hanno visto in tv o letto sul giornale, dopo che, per fare dispetto a qualcuno si è tagliato un dito della mano. Ci scusiamo con gli entusiasti, ma a noi dell’Expo rimane in mente più che altro questo.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc