La legge di stabilità 2016 approvata dal Senato apre una nuova stagione di tagli lineari delle prestazioni erogate dalla sanità pubblica ai cittadini. Le conseguenze più pesanti saranno a carico di quel terzo della popolazione che abita al Sud, per la quale si prospetta una crescita del divario del finanziamento procapite mentre i loro Governatori continuano a fare “i polli di Renzi”.
Il definanziamento che congela per i prossimi anni il Fsn a 111 mld, in calo fino a quel 6,5% del Pil che non permetterà di mantenere i risultati di salute che oggi il mondo ci riconosce, rende non più scontata la tutela del diritto costituzionale alla salute, lasciando avanzare l’intermediazione assicurativa per chi può permettersela.
Per i medici e dirigenti sanitari dipendenti del Ssn, alla beffa di un adempimento alla sentenza della Corte Costituzionale sull’obbligo di riaprire la stagione contrattuale con risorse simboliche nemmeno individuate, si aggiunge il danno con il comma 128 che inchioda al 2010 le risorse destinate al trattamento accessorio della dirigenza medica e sanitaria, quelle per il riconoscimento del sempre citato merito, tanto per intenderci.
Governo e Parlamento, cioè, con una mano promettono di dare (poco), con l’altra portano via da subito risorse storiche, prolungando e peggiorando la perdita di potere di acquisto delle retribuzioni in atto da anni.
Né va meglio ai giovani, per i quali continua il blocco del turnover, che lascia al palo le loro speranze occupazionali, l’assenza di argini all’ abuso di contratti atipici e la crescita di un caporalato, pubblico e privato, che paga pochi euro il loro lavoro. Figli di un dio minore, per i quali nessun partito muove un dito, se non per indicare la via della migrazione.
Per seguire gli umori di qualche Governatore, si riorganizza la rete ospedaliera intorno alle “eccellenze” delle Facoltà di medicina, con soddisfazione comprensibile del Ministro della Università ed il silenzio eloquente di quello della Salute, cosi loquace sui temi più disparati tranne che nella valorizzazione del patrimonio professionale che ha in affidamento, il quale, visti i risultati, finirà con il chiedere il passaggio al MIUR.
Se la Camera non riuscirà a porre rimedio, pretendendo per la sanità pubblica, e chi è chiamato a erogarla, il rispetto e l’attenzione che merita nelle scelte del Governo, il catalogo è questo. Qualcuno dubita ancora della necessità di una mobilitazione massiccia il 28 novembre e di una adesione combattiva allo Sciopero Nazionale di 24 ore del 16 dicembre?