Il piano straordinario di assunzioni della Buona Scuola si è ormai concluso: nei giorni scorsi, sono state assegnate le sedi di servizio ai quasi 49mila docenti precari dell’ultima delle quattro fasi predisposte dal Miur. Solo che, ancora una volta, più di qualcosa non torna: come preannunciato dal sindacato, infatti, rispetto alle 102mila assunzioni previste e finanziate, circa 16mila si sono perse per strada. Il motivo va ricondotto all’ottusità del Governo nel lasciare fuori dal piano di immissioni in ruolo tutti i docenti abilitati collocati nelle graduatorie d’Istituto, malgrado avessero i requisiti in regola per essere assunti. E ora, come già accaduto con il personale Ata, questi docenti rischiano di essere beffati una seconda volta, perché dopo la stabilizzazione dovranno anche rinunciare a due mesi di stipendio.
Si tratta, in particolare, delle cattedre relative alle fasi B e C del piano di assunzioni non utilizzate per le stabilizzazioni (rispettivamente 7.678 e 7.793) e che ora il Ministero dell’Istruzione ha deciso di voler assegnare ai precari attraverso dei contratti a tempo determinato con scadenza fino al prossimo 30 giugno. E non sino al 31 agosto, visto che si tratta di posti vacanti a tutti gli effetti. Ed è questo “giochino” illegittimo che produrrà la perdita di due mesi di stipendio estivi. Prodotto, peraltro, nei confronti di molti di quei docenti che già si sono visti sfumare, per un cavillo ministeriale, l’assunzione a titolo definitivo,
La tesi del sindacato è naturalmente supportata dalle normi vigenti che regolano i rapporti contrattuali a tempo determinato con il personale docente: secondo quanto stabilito dall’art 4 comma 1 della Legge 124/99, queste supplenze vanno conferite nel seguente modo: "Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante l’utilizzazione del personale in soprannumero, e semprechè ai posti medesimi non sia stato già assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo".
In questi giorni l’Anief sta ricevendo segnalazioni da parte di diversi supplenti in procinto di essere nominati su quelle cattedre rimaste libere: la loro convocazione è legata alla imminente pubblicazione definitiva delle graduatorie di istituto. Quello che chiedono al sindacato è per quale motivo le cattedre vacanti vengono considerate libere dall’amministrazione solo fino al 30 giugno 2016. Lo hanno chiesto anche all’amministrazione, la quale non è entrata nel merito, limitandosi a comunicare che la scadenza del contratto verrà probabilmente prorogata in seguito. Guardandosi bene, però, dallo specificare quando avverrà questo allungamento e per quale motivo non da subito. Né tantomeno specificando da chi verrà attuata tale proroga. Molti docenti diretti interessati, inoltre, temono che possa essere una decisione a discrezione del dirigente scolastico, l’ennesima fornita ai presidi dalla riforma.
“Sono tutte domande che giriamo al Ministero – dice Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario confederale Cisal – perchè noi rimaniamo fermi su un punto: tutti i posti rimasti vacanti dopo le operazioni di immissione in ruolo, devono essere per legge assegnati al 31 agosto. È un diritto del docente precario essere contrattualizzato su supplenza annuale intera: in caso contrario sarà suo pieno diritto rivendicare l’assegnazione dei due mesi mancanti”.
L’Anief ricorda che già diversi giudici, in tutta Italia, si sono espressi favorevolmente, con diverse sentenze che hanno prorogano i contratti su posto vacante al 31 agosto.Il giovane sindacato chiede, pertanto, al Miur di intervenire con sollecitudine sul caso, dando indicazioni agli Usr rispettose della legge vigente. Perché la riforma della Buona Scuola non può cancellare i diritti dei lavoratori. L’alternativa è soccombere in tribunale.