Decreto salvabanche E se il mio negozio fosse stato gestito anch’esso da pirata?

Rispetto al decreto salvabanche, per far meglio capire in che mondo viviamo, abbiamo trasportato l’evolversi dei fatti in un molto probabile episodio di vita quotidiana. Siccome è difficile che i comuni mortali abbiano una banca, ma è più facile che abbiano un negozio, è una ipotetica gestione di un esercizio commerciale che abbiamo preso in considerazione. Un negozio d’abbigliamento, per esempio, visto che è la tipologia “piccola” che ancora meglio resiste all’ineluttabile adeguamento di tutte le gestioni alla grande distribuzione organizzata. La signora Clara ha creato una srl e ha affittato un negozio nel medio centro di una delle tante città d’arte italiane. Abbigliamento con sartoria e anche qualcosa di standard, le cui vendite (più facili) aiutano sempre. Per farsi spazio nel mercato affollato e con concorrenti di grande stazza con cui è difficile competere, ha deciso di essere aggressiva: abiti da sposa -per esempio- a 1.500 euro, rispetto a un mercato dove al minimo si chiede il doppio. Abiti da sposa che, nonostante il basso costo, non venivano meno alla qualità e, soprattutto, alla velocità di confezionamento. I clienti se li procacciava, oltre al posizionamento commerciale e alla pubblicità, grazie a un largo giro di amicizie: i suoi parenti di prestigio in città, gli amici dei parenti, gli amici del circolo frequentato da questi parenti, e poi il fatto che vendeva un prodotto che, al pari di chi vende denaro, ha sempre un grande mercato (tanti non si sposano più in chiesa, ma all’abito nuziale non rinunciano). I clienti sono cresciuti, e siccome buona parte di essi erano del giro del parentado, i sistemi tradizionali di controllo della solvibilità (caparre, acconti, accordi con finanziare per i pagamenti rateali), si erano un po’ allentati: come rinunciare alla figlia dell’avvocato amico di famiglia, e poi, non è mica tanto carino essere sempre fiscali con l’organizzazione delle proprie pretese finanziarie. Ogni tanto, siccome poi c’è sempre bisogno di un qualche credito per nuovi investimenti o per sanare alcuni buchetti, coi parenti/clienti che hanno a che fare con funzionari o dirigenti di banche, è meglio non andare troppo per il sottile nelle pretese di solvibilità preventiva. Il giro si allarga, ma sono quasi tutti amici degli amici… e fai oggi, fai domani, si è arrivati a un punto in cui tanti abiti da sposa sono indossati da figlie e moglie e amiche degli amici, ma la cassa piange e i debiti aumentano. I fornitori di tessuti reclamano i loro crediti, i sarti e i commessi reclamano i loro stipendi arretrati, il commercialista ha sempre più difficoltà a fare carte false per il fisco… si sta per fare crack. Sai che, dice a Clara il suo commercialista, immobilizziamo la situazione, mandiamo in liquidazione la srl (foss’anche al fallimento), creiamo una uova srl con cui ci portiamo dietro tutti i clienti (facendo più attenzione alla loro solvibilità), portiamo con noi quei sarti e quei commessi che riteniamo più validi e disponibili alle avventure commerciali/economiche del nostro tipo, e chi deve avere soldi da noi… che abbiano a vedersela con la vecchia srl. Intanto, parentado e amici degli amici, parleranno sempre bene di noi e continueranno a procacciarci clienti. Fine della storia! ….. che forse non finirebbe così, a meno che non ci fosse un alto tasso mafioso della signora Clara e del suo commercialista, nonchè parentado e amici degli amici, perchè qualunque magistrato (anche di primissimo pelo), sollecitato dai creditori, andrebbe ad aggredire il patrimonio della nuova srl, e almeno la signora Clara e il suo commercialista rischierebbero anche la galera.
Torniamo al nostro decreto Salvabanche.
E’ della vigilia di Natale un comunicato dei consigli di amministrazione delle nuove banche nate dalle ceneri dei quattro istituti da cui è nata tutta la vicenda (Banca: Marche e Etruria; Cari: Ferrara e Chieti), in cui fanno sapere che in base alle norme italiane ed europee loro “non possono essere oggetto di azioni da parte dei vecchi azionisti e obbligazionisti subordinati”. Evidentemente il codice civile e penale in cui è incappata la signora Clara è diverso da quello delle nostre banche.
A cui, perchè la percezione tangibile di beffa sia più completa, aggiungiamo che il legislatore ha approvato un decreto in cui c’è scritto -papale, papale- “resta salvo il diritto al risarcimento degli investitori”…. che -aggiungiamo noi- avendo gli investitori perso 800 milioni, come faranno a veder riconosciuto questo loro diritto visto che il fondo messo a disposizione è di 100 milioni e che le nuove banche sono intoccabili? Quindi. Da un parte le leggi che non sono uguali per tutti. Dall’altra il legislatore che afferma diritti che sa gia’ in partenza che non potranno essere onorati. A ognuno la propria riflessione.

Vincenzo Donvito, presidente Aduc