BANCHE: 81% DELLE SOFFERENZE GENERATO DAI GRANDI GRUPPI SOCIETARI

Secondo l’elaborazione effettuata dall’Ufficio studi della CGIA su dati Banca d’Italia, al 30 settembre 2015, l’81,1 per cento delle sofferenze in capo ai nostri istituti bancari è stato generato dal primo 10 per cento degli affidati che rappresentano, con buona approssimazione, la platea delle grandi imprese e dei gruppi societari. A livello regionale spiccano i risultati del Lazio (85,8 per cento), della Valle d’Aosta (83,9 per cento), dell’Emilia Romagna (82,5 per cento) e della Toscana (82,3 per cento) che presentano una quota di sofferenze, originate dal primo 10 per cento degli affidati, superiore al dato medio nazionale.
Dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo:
“Sebbene le grandi imprese siano poco più di 3.000 aziende, pari allo 0,08 per cento del totale nazionale, e abbiano problemi di insolvenza, gli istituti di credito continuano a riservare a queste un trattamento di favore del tutto ingiustificato. Tutto ciò a scapito della stragrande maggioranza del nostro sistema economico che, ricordo, è permeato da piccole e micro imprese che continuano a ricevere gli affidi con il contagocce, nonostante presentino buoni livelli di solvibilità”. Sulla totalità dei finanziamenti per cassa, infatti, ben l’80,4 per cento è stato erogato al primo 10 per cento degli affidati. Tale soglia ha raggiunto addirittura l’87,7 per cento in Lombardia, l’83,2 per cento in Veneto e l’81,8 per cento nel Lazio.
I gravi problemi di insolvenza che caratterizzano i grandi gruppi societari emergono anche dalla lettura dei dati riferiti alle classi di grandezza delle sofferenze. In quelle da 500.000 mila euro in su che, ovviamente, sono riconducibili ad una clientela di medie-grandi dimensioni, si concentra il 70 per cento circa del totale delle sofferenze misurate al 30 settembre scorso che, secondo i dati della Centrale dei rischi, ammontavano a 184,4 miliardi di euro. Anche la variazione delle sofferenze per classi di grandezza registrata nell’ultimo anno (settembre 2014 sullo stesso mese del 2015) è stata rilevante. Se per i piccoli prestiti fino 500 mila euro le sofferenze hanno superato i 54,6 miliardi, con un aumento del 2,9 per cento, gli impieghi medio-grandi (500 mila euro in su) hanno toccato quota 129,7 miliardi, con una variazione che è stata del 15,1 per cento: 17 miliardi di euro in più in un anno che spiegano il 92 per cento dell’incremento complessivo delle sofferenze, pari a 18,5 miliardi di euro. Scendendo nel dettaglio, osserviamo che le sofferenze sotto i 125.000 euro, ascrivibili in massima parte alle piccole attività produttive/commerciali e alle famiglie, presentano una variazione annua negativa fino alla soglia dei 75.000 euro, mentre sono aumentate di appena lo 0,8 per cento quelle comprese tra i 75 e i 125 mila euro e del +7 per cento nell’intervallo tra i 250 e i 500 mila euro. Per contro, invece, tra i 500.000 e il milione di euro l’aumento è stato del 9,7 per cento, tra un milione e 2,5 milioni abbiamo assistito ad un incremento del 13,5 per cento, tra i 2,5 milioni e i 5 e dai 5 ai 25 milioni addirittura del 17,6 per cento. Complessivamente gli affidati in sofferenza ammontano a poco più di 1.240.000 soggetti, pari al 37,3 per cento del totale degli affidati (pari a poco più di 3.326.000). Le regioni con il più alto numero di affidati insolventi sono la Lombardia (189.315), il Lazio (133.124), la Sicilia (131.404) e la Campania (130.576). A livello provinciale, infine, la realtà con la quota più elevata di sofferenze causate dal primo 10 per cento degli affidati è Roma (87,1). Seguono Verbano Cusio Ossola (86,9 per cento), La Spezia (85,9 per cento) e Livorno (85,4 per cento).
“Abbiamo il sospetto – conclude il segretario della CGIA Renato Mason – che in questi ultimi anni il problema delle sofferenze e degli incagli bancari sia stato sottovalutato. In attesa di capire come sarà definito dal Governo il provvedimento che recepisce l’accordo raggiunto in Europa sulla Gacs, la garanzia per la cartolarizzazione delle sofferenze presenti nei bilanci bancari, sarebbe auspicabile che le nostre banche, vittime di un sistema di relazioni a reti corte, cominciassero ad interrogarsi su come costruirne uno di nuovo”.