Stanno facendo discutere le indagini sulla morte dello studente di 17 anni dell’Istituto alberghiero ‘De Panfilis’ di Roccaraso, morto venerdì dopo la caduta da una sedia durante le ore di lezione: in giornata, un avviso di garanzia è stato notificato alla dirigente scolastica, all”insegnante di biologia presente in aula al momento dell’incidente e al responsabile della società di consulenza che si occupa della sicurezza dell’istituto scolastico. I tre dipendenti sarebbero indagati per concorso in omicidio colposo.
Senza entrare nei dettagli del dramma, in tanti sono rimasti stupiti non tanto della morte del giovane, quanto della gravità dell’accusa a carico delle figure scolastiche preposte alla sicurezza: nell’ordine, il capo d’istituto, l’addetto Rspp e il docente in servizio al momento dell’accaduto. Anief ricorda che occorre adottare molta cautela, perché si tratta solo di un atto dovuto per legge. E sino a prova contraria, tutti e tre gli individuati, nulla potevano contro la volontarietà del gesto dello studente, svolto deliberatamente e senza costrizione.
Esaminando la normativa in materia, in linea generale ed in attesa degli esiti delle indagini in corso, il magistrato che indaga sul caso si base su tre eventualità: che il dirigente scolastico non poteva non sapere della presenza di arredi non conformi secondo quanto previsto dalla normativa in materia; che il responsabile della sicurezza non poteva non conoscere il rischio legato a quella presenza, avendo ricevuto delega alla compilazione del DVR; che il docente, preposto, non poteva non sapere che quella sedia nella sua aula non era conforme e che la sola presenza, a prescindere dal suo utilizzo, sarebbe stata di per sé fonte di pericolo per i presenti e lo stesso.
“Si tratta di circostanze – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – che è legittimo verificare, perché c’è da capire se il terribile incidente accaduto al ragazzo abruzzese poteva essere evitato. Vanno escluse situazioni di ‘culpa in vigilando’, di mancata ottemperanza della normativa sulla prevenzione. Detto questo, tuttavia, riteniamo che la strada è lunga prima di associare l’evento di Roccaraso ad una responsabilità diretta delle figure professionali scolastiche coinvolte: essere iscritti nel registro degli indagati, poiché questa è la prassi, non significa avere commesso un reato. Non confondiamo un atto dovuto con un rinvio a giudizio, che al momento non è ipotizzabile”.
Il sindacato, attraverso il proprio servizio studi, ha verificato che dalla normativa vigente in tema di sicurezza, vi sono diversi elementi, legati a normativa successiva alle integrazioni del Testo Unico in materia, che rendono il quadro più complesso di quanto si possa probabilmente pensare in prima battuta. Con responsabilità che non si soffermano sul singolo istituto. Innanzitutto, gli studenti delle secondarie pur essendo considerati lavoratori per 200-400 ore di alternanza scuola-lavoro, non hanno un loro RLS; la scuola, pur essendo un luogo ad altissima frequentazione umana, con rilevanti interconnessioni microbiologiche tra le persone, non è ancora obbligatoriamente soggetta a sorveglianza sanitaria, quindi il medico competente può non essere nominato.
Un’istituzione scolastica, inoltre, è sì un ente ministeriale, ma l’organizzazione del servizio è regionale e più spesso provinciale, anche se il terreno su cui sono edificati i locali appartengono ai comuni; va da sé che scuole con più plessi devono vedere coinvolti comuni e spesso provincie differenti anche in materia di interventi per la sicurezza. È chiaro che il coordinamento tra più enti ed esigenze diverse rende difficile interventi rapidi e snelli di adeguamento: interventi che, tuttavia, non sono sempre adeguati.
L’ufficio studi Anief, infine, ha rilevato che dal febbraio 2015 la Corte di Cassazione ha definitivamente sancito la parità in materia di sicurezza sul lavoro tra il comparto privato e il comparto pubblico: d’altronde già pronunciamenti di questo tipo si erano avuti recentemente. In effetti, il DL 81 del 2008 e le s.m.i. non pongono questioni di principio su eventuali differenze o affinità tra i due comparti: semplicemente nel comparto pubblico, le morti per cause legate al lavoro sono statisticamente minori rispetto a quelle del lavoro privato in cui agricoltura ed edilizia la fanno da padrone. Il timore è che il sentire comune sulla sicurezza a scuola sia quello del “si può fare dopo”.
“Va quindi sottolineato, a sostegno dell’esigenza di mantenere estrema cautela nel non giungere a facili conclusioni, che in Italia la scolarizzazione di massa è avvenuta tra la metà degli anni Sessanta e la metà degli anni Settanta: pertanto, gli edifici scolastici moderni hanno già una età compresa tra i 40 e i 50 anni. E sono davvero troppi per adeguarli alle esigenze in continua mutazione della scuola: i recenti casi di crollo di controsoffittature sono legati alla vetustà degli edifici. E non dimentichiamo che, raramente, nella fornitura di attrezzi e arredi è presente anche un piano di manutenzione, ammortamento e rinnovo degli stessi e le sostituzioni vengono fatte ‘a rottura’. Come – conclude Pacifico – in questo ultimo tragico caso di Roccaraso”.