Se gli sprechi alimentari fossero rappresentati da un Paese, questo sarebbe il terzo principale produttore di anidride carbonica, dopo Stati Uniti e Cina.Senza contare che nel mondo, per ogni persona denutrita 2 sono in sovrappeso. Una situazione ormai insostenibile… e dopo l’esempio della Francia, anche l’Italia, da oggi, ha una legge per combattere lo spreco di cibo, favorire l’uso consapevole delle risorse e il recupero di prodotti ancora utilizzabili.“Oggi è un bel giorno per la battaglia allo spreco di cibo. LaFondazione BCFN (Barilla Center for Food and Nutrition) da anni si batte per la diffusione di una corretta cultura dell’alimentazione e della nutrizione, per raggiungere un sistema sostenibile per la salute dell’uomo e del pianeta. Non possiamo che guardare con soddisfazione al ddl appena votato dalla Camera: è un primo passo importante per rispondere ad uno dei 3 grandi paradossi del nostro sistema alimentare messi in evidenza dal BCFN”, ha dichiarato così Guido Barilla, Presidente della Fondazione BCFN.
Dei paradossi alimentari e delle possibili soluzioni in termini di salute e sostenibilità – come la lotta allo spreco alimentare –il BCFNne parla nella seconda edizione del libro “Eating Planet. Cibo e sostenibilità: costruire il nostro futuro edito da Edizioni Ambiente”. Nel libro si spiega come in Italia si sprechi il 35% dei prodotti freschi (latticini, carne, pesce), il 19% del pane e 16% di frutta e verdura prodotti. Lo spreco di cibo nel nostro Paese determina una perdita di 1.226 milioni di m3 l’anno di acqua, pari al 2,5% dell’intera portata annua del fiume Po e produce l’immissione nell’ambiente di 24,5 milioni di tonnellate CO2 l’anno, di cui 14,3 milioni per gli sprechi domestici. L’assorbimento della sola CO2 prodotta dallo spreco domestico in Italia richiede una superficie boschiva maggiore di quella presente in Lombardia. Inoltre, il cibo sprecato, mentre si decompone in discarica, rilascia gas metano, 20 volte più potente dell’anidride carbonica.
Spreco di cibo non è soltanto quello che si verifica nella parte finale della catena alimentare, durante la distribuzione, la vendita e il consumo, ma è anche la perdita che avviene nella fase di produzione agricola, dopo la raccolta e con la trasformazione degli alimenti. Sprechi e perdite sono profondamente influenzati dalle condizioni locali specifiche dei diversi Paesi. Lo spreco di cibo da parte dei consumatori è in media tra i 95 e i 115 kg pro capite all’anno in Europa e nel Nord America mentre i consumatori di Africa sub-sahariana, sud e sud-est asiatico, ne buttano via circa 6-11 kg all’anno. Nei paesi in via di sviluppo il 40% delle perdite avviene dopo la raccolta o durante la lavorazione, mentre nei paesi industrializzati più del 40% delle perdite si verifica nelle fasi di vendita al dettaglio e consumo finale. Complessivamente, tuttavia, i paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo tendono a dissipare all’incirca la stessa quantità di cibo, rispettivamente 670 e 630 milioni di tonnellate.
CONTRO LO SPRECO DI CIBO, L’ATTIVAZIONE È PARTITA DAL BASSO
Una battaglia, quella contro lo spreco alimentare, che è partita da vari fronti. Sicuramente un ruolo importante lo hanno giocato anche due petizioni, “C’è chi spreca e chi muore: approviamo una legge contro gli sprechi alimentari” e “Stop allo spreco alimentare in Europa! #StopFoodWaste”, lanciate da Daniele Messina sulla piattaforma online change.org contro lo spreco di cibo. Una delle petizioni era indirizzata ai parlamentari mentre l’altra si rivolgeva alla Commissione Europea. Tutte e due le petizioni sono nate dall’ispirazione del Protocollo di Milano, promosso da BCFN, e hanno raccolto rispettivamente quasi 70 mila firme la prima, e oltre 760 mila la seconda. Un successo senza precedenti che ha coinvolto, in meno di un anno, l’opinione pubblica su un tema che riguarda tutti da vicino e su cui ciascuno, con il proprio contributo, può fare la differenza.