di Roberto Malini
Isis ha molti alleati, ma attualmente si tratta di gruppi jihadisti in declino, fiaccati da molte sconfitte. Il più terribile, che si è macchiato di migliaia di uccisioni e di ogni sorta di atrocità, Boko Haram, ha annunciato la resa. Non sarà una resa subitanea, ma di certo l’organizzazione è allo sfascio. In Siria il numero due di Daesh è stato ucciso e le roccaforti del terrore sono destinate a capitolare. In Iraq gli alleati del califfato – come i membri del partito Baath, gli ex lealisti di Saddam Hussein, le tribù che hanno aderito alla dichiarazione di guerra santa lanciata da al-Baghdadi – sono in rotta, privati della maggior parte delle risorse e disorganizzati. Lo stesso vale per i Talebani in Pakistan, le bande jihadiste del Sinai (che per primo EveryOne Group ha denunciato alle autorità internazionali, qualche anno fa, dimostrandone i legami con Al Qaeda e l’allora nascente califfato). Nel Maghreb i Soldati del Califfato, vedono sgretolarsi i legami con l’organizzazione e restano pericolosi soprattutto per i loro link con terroristi che vivono nell’Unione europea.
In Libia l’espansione di Isis si è fermata e inizia una parabola discendente per i seguaci del califfo. Alleati sunniti di Isis sono presenti anche nelle Filippine, in Palestina, in Libano, in Indonesia e soprattutto in in Giordania. Prima di Isis, seguivano Al Qaeda e di fronte a una crisi evidente del califfato, stabiliranno alleanze con la prossima sigla jihadista i cui obiettivi, nei proclami, saranno niente meno che la conquista del mondo. Li sconfiggerà solo il progresso della civiltà. Per adesso, Isis non è morta, ma fa meno paura di qualche tempo fa.