Il 51% dei cittadini ha rinunciato a far valere i propri diritti a causa delle sue inefficienze

Una professione ancora prestigiosa, ma non più al top. Ai primi posti nella classifica delle professioni d’eccellenza secondo gli italiani si collocano i medici (il 37% ha attribuito il punteggio massimo su una scala da 1 a 10), seguiti dai magistrati (25%), i professori universitari (19,5%), i notai (17%), gli ingegneri (15%), gli imprenditori (15%) e i dirigenti d’azienda (13%). Politici (9%), avvocati (9%) e dirigenti di banca (8%) occupano la metà della classifica, mentre in coda figurano commercialisti (5%) e geometri (4%). Per il 16% degli italiani il prestigio della professione forense è aumentato nel corso degli ultimi anni, per il 47% è rimasto invariato, per il restante 37% è invece diminuito. È quanto emerge dal «Rapporto annuale sull’avvocatura» realizzato dal Censis per la Cassa Forense, che fa il punto sull’immagine degli avvocati nell’opinione degli italiani.

Gli avvocati sono troppi? Ad aver fatto ricorso alle prestazioni professionali di un avvocato nell’ultimo quinquennio è stato il 42% degli italiani. Il ricorso alla consulenza legale aumenta al crescere del livello di istruzione della clientela: il 24% degli italiani con la licenza media, il 43% di quelli con un diploma, il 48% dei laureati. Per l’85% degli italiani però il numero degli avvocati oggi in Italia è eccessivo.

Pregi e difetti degli avvocati secondo gli italiani. Nell’immaginario collettivo l’attrattività della professione forense è dovuta in primo luogo alla sua dinamicità, indicata dall’82% degli italiani. Seguono l’autonomia nell’organizzazione dell’attività (81%), i guadagni elevati (74%), gli interessanti sviluppi di carriera che la professione può assicurare e la possibilità di avere relazioni significative con il mondo politico e imprenditoriale (72% in entrambi i casi). Tra i pregi dell’essere avvocato c’è il fatto di godere di una grande reputazione sociale secondo il 62% degli italiani (e il dato sale al 72% tra i giovani di 18-34 anni). Tra gli aspetti che non invogliano alla professione emerge invece in primo luogo la necessità di aggiornamento continuo, segnalata dall’83% degli italiani. Seguono l’eccessiva concorrenza (74%) e la difficoltà di crescita professionale in un sistema percepito come chiuso (67%). Tra gli aspetti negativi della professione il 57,5% indica poi la perdita di prestigio sociale avvenuta nel tempo, il 56% la scarsa capacità di innovazione, il 55,5% il poco tempo libero lasciato per sé e per la famiglia, il 28% gli scarsi margini di guadagno.

La sfiducia nella giustizia danneggia l’immagine dell’avvocato. Per il 60% degli italiani la figura dell’avvocato è danneggiata principalmente dal cattivo funzionamento del sistema giudiziario. Seguono fattori come la bassa qualità professionale di molti legali, l’eccessivo orientamento al profitto di molti, la troppa vicinanza alla politica (tutti fattori indicati dal 40%). L’elevata litigiosità degli italiani, per cui si ricorre all’avvocato per ogni minima questione, viene indicata dal 28%, l’eccessiva selettività nell’accesso alla professione dal 12,5% e la rappresentazione che i media ne danno dal 9%.

E c’è chi rinuncia a far valere i suoi diritti. Per il 75% degli italiani il sistema giudiziario non garantisce pienamente la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini. E secondo il 57% c’è stato pure un progressivo peggioramento nel tempo (solo il 4% ritiene che la situazione sia invece migliorata). Non a caso, il 51% degli italiani ha ritenuto almeno una volta di rinunciare alla tutela di un proprio diritto a causa della sfiducia nel sistema giudiziario. E tanto più alto è il livello di istruzione degli italiani, tanto maggiore è la sfiducia nei confronti della giustizia. Se ad aver rinunciato alla tutela giudiziale di un diritto è il 38% degli italiani con la sola licenza media, il dato sale al 54% tra i diplomati e al 53% tra i laureati.

Una professione ferita dalla crisi e a bassa specializzazione. Il Rapporto comprende anche un’indagine sull’autopercezione della professione secondo un campione di circa 8.000 avvocati e restituisce una fotografia dell’avvocatura italiana che esce molto provata dalla crisi degli ultimi anni. La professione forense ha subito i pesanti effetti della crisi economica. Solo il 30% degli avvocati italiani è riuscito a mantenere stabile il fatturato dell’attività professionale nell’ultimo biennio, per il 44% è diminuito (e la percentuale sale al 49% tra gli avvocati del Mezzogiorno), mentre solo il 25% lo ha visto aumentare. La professione appare ancorata a una generica specializzazione civilistica. Il 54% degli avvocati dichiara come prevalente la specializzazione in diritto civile, l’11% in materia penale, il 9% in diritto di famiglia (ma tra le donne avvocato la quota sale in questo caso al 14%), solo il 3% in diritto societario e appena l’1% in diritto internazionale. Solo l’11% degli avvocati indirizza la propria attività verso servizi specializzati.