di Roberto Malini
Come è complicato difendere le comunità Rom indigenti in un paese in cui gran parte della società civile è divisa, in perpetua lotta per un “posto al sole”, palesemente interessata a far parte degli organismi istituzionali: quelle stesse realtà che i Rom li perseguitano! Molte associazioni considerano gli insediamenti Rom come un loro territorio e per mettere in atto azioni civili contro sgomberi e ingiustizie, il difensore dei diritti umani di turno dovrebbe chiedere il loro benestare e – prima di lanciare un appello – sottoporne loro il contenuto. Singolare, se si considera che ben pochi sono i Rom e Sinti alla guida di questi gruppi e che in molti casi i “leader” delle associazioni non sono neanche presenti quando si verifica una crisi umanitaria, uno sgombero, un atto di persecuzione poliziesca o politica. Recentemente un assessore ha chiesto al gruppo EveryOne una consulenza riguardo a un insediamento circondato da ostilità da parte della cittadinanza locale. Gli abbiamo fornito gli estremi delle leggi internazionali secondo le quali uno sgombero non avrebbe potuto essere effettuato e gli abbiamo suggerito procedure umanitarie per garantire alla comunità assistenza medica e metterla nella migliore condizione per accedere al mondo del lavoro e mandare i bambini a scuola. Nei casi in cui le istituzioni, attenendosi alle leggi che proteggono individui e gruppi sociali, avessero ravvisato l’inesistenza per alcuni componenti di un diritto alla permanenza, avrebbero tuttavia dovuto – secondo il nostro suggerimento – concedere a queste persone il tempo necessario per trovare autonomamente una soluzione adeguata. Nei casi in cui avessero rilevato al di là di ogni dubbio un comportamento non in linea con la legge da parte di alcuni residenti, sarebbe stato auspicabile l’intervento di autorità e magistratura, cui compete tale àmbito, e non di politici-sceriffi. Alle isituzioni locali – abbiamo ribadito – spetta il compito di evitare crisi umanitarie e salvaguardare le famiglie vulnerabili e i loro diritti, specie se si tiene conto che a causa dei continui sgomberi e della mancanza di politiche si sostegno, i Rom in Italia hanno una speranza di vita media di soli 45 anni, contro gli 80 degli altri cittadini, mentre i loro bambini hano una mortalità 15 volta superiore a quella degli altri bambini (perseguitare, in ogni tempo e luogo, ha il solo risultato di togliere speranza di sopravvivenza ai soggetti più deboli). Alla fine l’assessore ci ha ringraziati e sotto diversi aspetti ci ha ascoltati, chiedendoci però di non pubblicare una sola riga sulla nostra interazione, “altrimenti le associazioni mi mettono in croce”. Everyone Group opera anche in contatto con Commissione e Parlamento europeo, ma ha scelto di dare poca eco mediatica ai casi di cui si occupa – accanto a quella parte delle istituzioni che non fa dei pregiudizi uno strumento di consenso e ha conservato umanità e buona volontà – proprio perché le figure istituzionali più coraggiose e virtuose non vengano “messe in croce”, lasciando il passo a chi, con un pensiero sinistro, persegue l’obiettivo di “superare i campi Rom”.