Veneto Banca e Banca Apulia: come difendersi

Il 5 maggio Veneto Banca approverà un bilancio dai contenuti finanziari durissimi che rischia di abbattere ancor di più il valore delle azioni, già calato dell’81%, da 39,50 a 7,30 euro. Ben 88.000 azionisti, fra cui alcune migliaia di pugliesi clienti di Bancapulia (controllata da VB), da domani vedranno formalizzarsi un deprezzamento enorme del valore di acquisto dei loro titoli.

LE PROVE DELLE IRREGOLARITÀ – Confconsumatori nel corso della conferenza stampa tenuta a San Severo, sede legale della controllata Bancapulia, ha illustrato una via per recuperare l’investimento perduto, chiedendo al Tribunale di accertare l’invalidità dei contratti di acquisto, con conseguente obbligo per la banca di restituire quanto incassato. Tanto, per varie ragioni. L’avvocato Antonio Pinto, Presidente di Confconsumatori Puglia e componente del direttivo nazionale, ritiene che: «I risultati delle ispezioni condotte dalla BCE, da Banca d’Italia e dalla Consob, tutte conclusesi con censure e multe a carico di Veneto Banca, comprovano che sono state commesse varie irregolarità, sia nella vendita delle azioni, sia nella rappresentazione pubblica della solidità finanziaria della banca, attraverso bilanci che sino al 2014, secondo la Procura di Roma e Bankitalia, molto probabilmente non erano veritieri».

IL BILANCIO VB 2015 – «Inoltre, – continua Pinto – dallo studio del bilancio al 31 dicembre 2015 si evincono una serie di dati oggettivi che confermano la tesi della Procura su come i bilanci degli anni precedenti non fossero veritieri. Ad esempio, Veneto Banca ha chiuso il 2015 con una perdita di 882 milioni di euro (dopo aver chiuso in rosso di 968 milioni il 2014). Sul risultato pesano, fra l’altro, l’azzeramento degli avviamenti (418 milioni di euro) e rettifiche, in peggio ovviamente, sui crediti per 754 milioni. Rettifiche sulle immobilizzazioni materiali e immateriali per 70 milioni, dopo i 40 milioni del 2014 (ad es. hanno svalutato il valore di alcuni immobili per 27 milioni). Il complesso dei crediti deteriorati ammonta a 4,9 miliardi di euro. Le sofferenze sono 1,6 miliardi di euro. Veneto banca ha scomputato dal capitale, a titolo prudenziale, 297 milioni di euro riconducibili a possibili operazioni in cui la banca ha assistito finanziariamente il cliente nell’acquisto di azioni della banca stessa. A pag. 88 si legge che i crediti di dubbia esigibilità sono un totale di 7.555.000.000 di euro, mentre nel bilancio 2014 erano 6.068.000.000: quindi vi è stato un aumento di circa un miliardo e mezzo che, ovviamente, non è frutto del 2015 ma di una rettifica di valori non considerati in precedenza».

CHI POTRÀ ANNULLARE L’ACQUISTO – L’avvocato Rosa Caposiena, legale di Confconsumatori, sottolinea che: «L’invalidità dei contratti si può richiedere anche per le illegittime modalità di collocamento, ad esempio in vari casi, le azioni sono state vendute insieme a mutui e fidi e ciò viola il principio che una banca non può finanziare l’acquisto di azioni proprie, come anche la Banca d’Italia ha sancito. In altri casi, sono state vendute azioni che, essendo titoli illiquidi, per giurisprudenza consolidata richiedono un profilo di rischio medio-alto, a clienti che, in realtà, non avevano sostanzialmente tale profilo, anche se (formalmente) sono state indotti a firmare dichiarazioni di propensione al rischio alto. Si potrà inoltre chiedere al Tribunale di accertare l’invalidità dei contratti stipulati, anche per una serie di gravi violazioni di legge del Testo Unico Bancario e del Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria. In particolare, occorre chiedere la nullità del contratto di acquisto per violazione di norme imperative, come ad es. false comunicazioni sociali ex art. 2621 c.c., ovvero per pratiche commerciali scorrette e abuso di posizione dominante. Ancora, sarà possibile chiedere al Tribunale civile di accertare e verificare che, con dolo, la banca ha indotto in errore i clienti su elementi essenziali del contratto, che quindi è annullabile».

In ogni caso, su una vicenda complessa come questa, sarà indispensabile esaminare ogni caso singolarmente, perché possono esserci differenze importanti da valorizzare davanti al Tribunale (si pensi ad es. a chi ha sottoscritto tutti i documenti richiesti per legge e chi invece no, o a chi ha comprato in concomitanza di un prestito erogato dalla banca, ecc.).

LA PROPOSTA DI CONCILIAZIONE PARITETICA – Con comunicato dell’8.4.2016, Veneto Banca ha dichiarato, in maniera generica e fumosa, che: “si verificherà se sia possibile trovare un’intesa con le Associazioni aderenti circa il perimetro dei soggetti ammessi alla procedura e contenuti, modalità e criteri del Protocollo d’intesa, volto a regolare la procedura”.
«Con tale comunicato – commenta Mara Colla, presidente di Confconsumatori – la banca tenta di spacciare come una concessione, quello che è un semplice obbligo di legge. Infatti, è previsto per legge che un risparmiatore non possa iniziare una causa nei confronti di una banca, se prima non esperisce un tentativo obbligatorio di conciliazione. Pertanto, è ovvio e doveroso per la banca esperire la mediazione, non è una concessione. Inoltre, appare meglio per gli azionisti fare questo tentativo di conciliazione davanti ad un organismo terzo e indipendente, come ad es. la Camera di commercio o il Consiglio dell’Ordine, piuttosto che a casa della banca e su regole dettate dalla banca».