Il geom. Pippo Pizzo, titolare dell’omonima impresa di servizi ecologici, ha impugnato davanti al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in proprio e nella qualità di mandatario designato della costituenda associazione temporanea di imprese (A.T.I.) con la ditta Onofaro Antonino (nel prosieguo, anche collettivamente, "Pizzo"), la sentenza del T.a.r. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, che l’aveva sostanzialmente escluso dall’aggiudicazione di una gara d’appalto.
Con bando pubblicato nel mese di novembre 2012, l’Autorità portuale di Messina indisse una procedura aperta, di rilevanza europea, per l’aggiudicazione del servizio quadriennale di gestione dei rifiuti e dei residui del carico, prodotti a bordo delle navi facenti scalo entro la circoscrizione territoriale dell’Autorità medesima (servizio in precedenza gestito dalla CRGT s.r.l.). La Commissione di gara, nella seduta del 16 maggio 2013, diede atto dell’avvenuta presentazione di quattro offerte (tra cui ATI Pizzo e CRGT s.r.l.). L’appalto era stato aggiudicato all’ATI Pizzo mentre le altre concorrenti, compresa la CRGT, erano state escluse dalla gara in ragione del mancato pagamento del contributo all’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici (AVCP)[1].
La CRGT impugnava davanti al TAR Sicilia l’aggiudicazione a favore di Pizzo, lamentando di essere stata ingiustamente estromessa. Pizzo, a sua volta, si difendeva affermando che la CRGT doveva comunque essere esclusa dalla gara, in quanto, oltre a non avere versato il contributo all’Autorità di Vigilanza, aveva anche omesso di produrre due idonee referenze bancarie, come previsto dal disciplinare d’appalto, che imponeva alle imprese partecipanti di comprovare la loro capacità economica e finanziaria mediante la produzione delle dichiarazioni di almeno due istituti bancari.
Il TAR dava ragione a CRGT, rilevando, in sintesi, che: a) il requisito dell’indicazione di un doppio istituto bancario era stato integrato da CRGT mediante indicazione di un’impresa ausiliaria, la quale a sua volta aveva indicato un solo istituto bancario; b) l’obbligo del pagamento del contributo all’AVCP non era previsto né nel bando né nel disciplinare di gara; c) tale obbligo è comunque previsto espressamente dalla legge solo per le opere pubbliche (mentre nel caso di specie trattasi di appalto di servizi).
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, davanti al quale la suddetta sentenza del TAR è stata impugnata, ha sollevato una duplice questione pregiudiziale, chiedendo alla Corte:
1) se il diritto dell’Unione[2] osti oppure no alla normativa italiana che (come già affermato dal TAR) consente, nel caso di specie, l’avvalimento frazionato dei requisiti posseduti da altra impresa (requisito della doppia referenza bancaria);
2) se i principii generali del diritto dell’Unione, quali la tutela del legittimo affidamento, della certezza del diritto e della proporzionalità, ostino oppure no all’esclusione di un partecipante ad una procedura di evidenza pubblica che non abbia compreso un obbligo non espressamente indicato dagli atti di gara ma derivante dall’interpretazione estensiva di una norma di legge.
In data odierna, la Corte ha risposto ai dubbi del giudice del rinvio, riferendosi alla propria precedente giurisprudenza.
Quanto al punto 1), i giudici si sono richiamati alla sentenza resa il 10 ottobre 2013 nella causa Swm Costruzioni C-94/12, già citata dall’Avvocato Generale Campós Sanchez Bordona nelle sue conclusioni, nella quale la Corte aveva dichiarato che il diritto dell’Unione non vieta, in via di principio, ai candidati o agli offerenti di fare riferimento alle capacità di uno o più soggetti terzi per comprovare un livello minimo di capacità. E’, a maggior ragione, possibile per un candidato o un offerente, in via generale, avvalersi delle capacità e dei requisiti di uno o più soggetti terzi – ivi comprese le referenze bancarie – in aggiunta ai propri, al fine di soddisfare i criteri fissati da un’amministrazione aggiudicatrice. La Corte specifica che, beninteso, il bando dell’appalto può prevedere espressamente dei limiti alla possibilità di fare ricorso alle capacità di terzi nel caso specifico: spetterà al giudice nazionale il compito di verificare l’esistenza e la portata di eventuali clausole in tal senso.
La Corte ricorda, inoltre, che, attualmente, sono stati introdotti nuovi limiti da una direttiva del 2014[3], la quale, però, non si applica nel caso di specie, trattandosi di gara d’appalto indetta prima dell’entrata in vigore della direttiva medesima.
Quanto al punto 2), relativo all’obbligo di pagamento del contributo all’Autorità di Vigilanza, la Corte UE afferma che l’esclusione dalla gara per il mancato rispetto di un’obbligazione che non risulta espressamente dagli atti di gara o da una legge nazionale cozza con i principi di parità di trattamento e di proporzionalità e con l’obbligo di trasparenza della P.A. L’amministrazione aggiudicatrice, in un’ipotesi del genere, dovrebbe quantomeno accordare al concorrente escluso un termine aggiuntivo sufficiente a permettergli di regolarizzare la propria posizione. In particolare, come sottolinea la Corte, in materia di appalti pubblici di opere o di servizi, la possibilità di un’impresa di partecipare a una gara non può dipendere dalla sua conoscenza della linea interpretativa seguita dai Giudici dello Stato in cui si svolge la gara, perché in questo modo le imprese straniere sarebbero discriminate rispetto a quelle locali.