Sono cresciute di oltre 90 miliardi di euro le riserve degli italiani negli ultimi 12 mesi. Da aprile 2015 ad aprile 2016 il totale dei depositi di famiglie, aziende, assicurazioni e banche è salito di quasi il 7% passando da 1.342 miliardi a 1.432 miliardi. Le famiglie non spendono e hanno lasciato in banca 33 miliardi in un anno (+3%), le imprese non investono e i loro fondi sono cresciuti di 28 miliardi (+13%), le banche non concedono prestiti e la loro liquidità è aumentata di 20 miliardi (+13%). Questi i dati principali di un’analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo cui le riserve delle assicurazioni sono salite di 1 miliardo (+4%), quelle delle imprese familiari di 5 miliardi (+11%), quelle delle onlus di 1,7 miliardi (+7%). A frenare consumi, investimenti e credito sono rispettivamente la paura di nuove tasse, l’assenza di certezze sul futuro, i parametri sui bilanci rigidi.
Secondo lo studio di Unimpresa, basato su dati della Banca d’Italia, il totale dei depositi è passato dai 1.342,7 miliardi di aprile 2015 ai 1.432,9 miliardi di aprile 2016 con un incremento di 90,1 miliardi (+6,71%). I salvadanai delle famiglie sono cresciuti da 887,9 miliardi a 921,1 miliardi con una crescita di 33,1 miliardi (+3,73%); i conti delle imprese familiari sono saliti da 47,4 miliardi a 52,5 miliardi in salita di 5,1 miliardi (+10,89%); i depositi delle organizzazioni non lucrative (onlus) sono aumentati da 23,7 miliardi a 25,4 miliardi in crescita di 1,7 miliardi (+7,23%); i fondi delle aziende sono cresciuti da 209,3 miliardi a 237,7 miliardi in aumento di 28,3 miliardi (+13,52%); i conti di assicurazioni e fondi pensione sono passati da 21,1 miliardi a 22,1 miliardi in crescita di 1 miliardo (+4,77%); le riserve delle banche sono passate da 153,1 miliardi a 173,9 miliardi in salita di 20,7 miliardi (+13,56%).
“I dati mostrano che le disponibilità finanziarie delle aziende e delle famiglie italiane sono congelate. Se i cittadini accumulano per paura di nuove tasse, le imprese non investono perché non hanno fiducia nel futuro. Discorso a parte va fatto per le banche che bloccano il credito perché da un lato i criteri sui parametri di bilancio sono troppo rigidi e dall’altro mancano progetti importanti da finanziare” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.