di Roberto Malini
I principali quotidiani italiani non sono autonomi: è un fatto risaputo. Non sono autonomi perché non sono onesti e sopravvivono non grazie alle vendite di copie, ma ai finanziamenti pubblici. Una scelta che li trasforma in organi delle istituzioni e dei partiti. Anche le televisioni sono strettamente connesse al potere costituito e a propria volta ne amplificano la voce, emarginando ogni forma di libera espressione che sia in conflitto con le politiche istituzionali. Un esempio di questa dipendenza è l’informazione sulle tragedie che colpiscono i migranti. Ogni volta che vi è una perdita di vite umane, il popolo italiano riceve una doppia informazione: da una parte, viene comunicato il numero dei morti, mentre dall’altra viene dato grande risalto al numero dei superstiti, che vengono regolarmente definiti "salvati". Il pubblico, così, si convince che le autorità siano impegnate a soccorrere i profughi in difficoltà, salvandone un numero molto superiore a quello delle vittime. La realtà è ben diversa e non vi è alcuna procedura efficace di sorveglianza delle acque in cui si svolgono le traversate della speranza. Basta un’avaria perché decine di migranti perdano la vita, mentre i soccorsi tardivi, spesso affidati a navi di passaggio, consentono solo che siano presi a bordo e affidati alle autorità i sopravvissuti. In un anno abbiamo contato tremila vittime, ma il loro numero è purtroppo superiore, perché di tanti esseri umani affogati non resta alcuna traccia. Oggi sono stati recuperati i corpi di 41 migranti su una spiaggia di Sabratha, sulla costa della Libia occidentale. Hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Italia, meno di una settimana fa. 41 corpi affiorati significano un numero assai più grande di cadaveri dispersi. I media e i politici, però, continuano a proporre il numero dei salvati, facendo passare sotto silenzio una vera e propria strage, di cui sono responsabili le istituzioni.