Il caso in esame riguarda il tema dell’indipendenza finanziaria delle autorità nazionali di regolamentazione dei servizi di telecomunicazione e in particolare la loro sottoposizione a misure di razionalizzazione della spesa pubblica da parte delle istituzioni degli Stati membri.
Nel 2012, l’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) includeva l’AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) nel proprio elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, e cioè delle amministrazioni a cui sarebbero state applicate delle disposizioni di contenimento della spesa in materia di finanza pubblica. L’AGCOM decideva di impugnare tale inclusione davanti al TAR, che respingeva in primo grado il ricorso riferendosi all’ultima giurisprudenza del Consiglio di Stato[1], il quale aveva chiarito definitivamente la natura di pubblica amministrazione dell’autorità. Lo stesso Consiglio di Stato, adito in secondo grado, domandava in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE se i principi di imparzialità e indipendenza, anche finanziaria, che devono necessariamente caratterizzare le autorità nazionali di regolamentazione, ostino all’assoggettamento a misure di contenimento della spesa.
L’AGCOM denunciava la possibile violazione di una Direttiva del 2002[2], che vieta ogni intrusione diretta o indiretta nella sfera di indipendenza delle autorità da parte delle istituzioni nazionali, anche da un punto di vista finanziario. L’autorità sosteneva inoltre, che poiché, nell’ultimo periodo, il 100% delle sue finanze era costituito dai contributi degli operatori interessati dalla sua attività, non aveva alcun senso obbligarla agli stessi limiti di spesa previsti per le amministrazioni finanziate dalle casse dello Stato.
Con la sentenza odierna, la Corte UE, richiamando il punto di vista espresso dall’Avvocato Generale Campos Sanchez-Bordona nelle sue conclusioni, giudica non fondati i rilievi dell’AGCOM.
E’ vero, come afferma l’Autorità, che una limitazione dell’indipendenza finanziaria (per esempio con l’imposizione di tagli di spesa che non le permetterebbero di avere personale e risorse a sufficienza per svolgere il proprio ruolo) potrebbe costituire una limitazione dell’indipendenza politica. E’ anche vero, però, che, se le misure di contenimento non comportano alcuna riduzione delle funzionalità dell’autorità, e quindi della sua indipendenza, gli obiettivi della Direttiva risultano comunque salvaguardati, sicché esse non possono essere considerate illegittime alla luce del diritto europeo. E’ il giudice nazionale che ha il compito di verificare l’impatto concreto delle misure: nel caso di specie, secondo quanto riferito alla Corte dai giudici italiani, l’Autorità non avrebbe allegato elementi sufficienti a comprovare un impatto lesivo per la propria indipendenza e funzionalità.
In merito ai contributi da parte degli operatori regolati – espressione dell’autonomia finanziaria di questo tipo di autorità – la Corte ricorda che essi devono essere rivolti unicamente a coprire le spese ai sensi dell’art. 12 di un’ulteriore Direttiva del 2002[3], operativa nello stesso ambito, e non qualsivoglia costo amministrativo cui l’Autorità va incontro.
Per tutti questi motivi, la Corte dichiara che la normativa europea sull’indipendenza finanziaria delle autorità di regolamentazione del mercato delle telecomunicazioni non osta, di per sé, all’applicazione di misure di contenimento della spesa, laddove, in concreto, le risorse delle autorità non risultino intaccate a tal punto da ostacolarne l’attività istituzionale.