La scuola imbavagliata dalle “braccia corte” del Mef

Ci mancava pure che il Ministero dell’Istruzione si dovesse piegare alle imposizioni del Mef: la proposta partita da Viale Trastevere di trasformare in organico di diritto 25mila posti da insegnanti dell’organico di fatto, di cui 6-7mila di sostegno, altrimenti non utilizzabili per i trasferimenti e le immissioni in ruolo, è stata clamorosamente bocciata dai tecnici del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Sarebbe smisurata, infatti, la spesa da affrontare per attuare l’operazione, secondo le spiegazioni degli economisti di Stato, riportate da Italia Oggi: si tratterebbe, infatti, di portare a bilancio una spesa fissa, circa 700-800 milioni di euro che, oggi, non lo è; una spesa che, sempre per il Mef, attraverso gli scatti e le ricostruzioni di carriera, crescerebbe di anno in anno. Sembra, però, che l’ultima parola per trovare un’eventuale soluzione spetterà ora a Palazzo Chigi.

Per il sindacato, comunque, qualora il Governo dovesse dare il via libera in qualche modo alla proposta del Miur non avrebbe operato, ancora una volta, la quadratura del cerchio sul precariato scolastico italiano: le cattedre effettivamente libere, da assegnare in organico di fatto, sono in realtà molto più numerose rispetto alle 25mila indicate dal dicastero dell’Istruzione. In organico di fatto ve ne sono, infatti, più di 35mila di sostegno, oggi collocati in deroga, tanto è vero che attualmente nelle scuole manca ancora un docente specializzato su tre; a questi, poi, vanno aggiunti quasi 30mila posti su materie curricolari, a torto non dichiarati liberi al 31 agosto; infine, ci sono almeno 20mila posti non coperti e già oggi vacanti che, in buona parte, riguardano le cattedre perse per la disorganizzazione del concorso a cattedra del 2016. In tutto, quindi, stiamo parlando di oltre 80mila posti da considerare liberi a tutti gli effetti.

“Ancora una volta – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario organizzativo Confedir – laddove si tratta di mettere un punto sul precariato, dal Ministero dell’Istruzione rispolverano l’arte che più gli riesce meglio: quella del ‘gioco al ribasso’. Prima si dice che si vuole combattere la supplentite poi, però, non si tiene conto che anche quest’anno le lezioni sono iniziate senza un docente su sei e si continua con la ‘logica del risparmio’ sulla pelle dei precari”.

Anief ricorda che, dopo la Corte di Giustizia Europea, la scorsa estate anche la Corte Costituzionale ha stabilito che la posizione dell’Italia sul precariato è illegittima, perché si basa sui commi 1 e 11, articolo 4, della Legge 124 del 3 maggio 1999, “nella parte in cui autorizza – ha scritto la Consulta – in violazione della normativa comunitaria, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino”.

“La posizione del Mef di continuare ad opporsi alla stabilizzazione del personale è ormai ampiamente superata – continua Pacifico – perché, in mancanza di ragione sostitutive, si deve procedere alla stabilizzazione o, almeno, al risarcimento per l’abuso dei contratti. È una lezione che hanno appreso al Miur ma non ancora, evidentemente, a Viale XX Settembre, dove ci si ostina a tirare su i muri”.

“A questo punto, i docenti abilitati con almeno 36 mesi di servizio svolto non devono fare altro che chiedere conto al proprio dirigente scolastico, tramite il sindacato, della effettiva natura del posto che occupano, facendo istanza di accesso agli atti per sapere se il posto occupato è vacante. Qualora questo fosse libero, e lo è nel 70-80 per cento dei casi delle supplenze annuali assegnate ormai tramite graduatoria d’istituto potranno, pertanto, rivolgersi di sicuro al tribunale per chiedere conto del fatto che dopo un anno di copertura di posto vacante, con l’abilitazione in tasca e i tre anni di precariato, scatta l’assunzione: i giudici autorizzeranno, comunque, almeno gli indennizzi previsti seppur in misura ridotta dal comma 132 della Buona Scuola, secondo quanto deciso di recente dalle sezioni unite della Corte di Cassazione”, conclude il presidente Anief.

Il giovane sindacato ricorda che dopo 36 mesi di servizio svolto, anche non continuativo, il docente può legittimamente chiedere il debito risarcimento, oltre al pagamento delle mensilità estive e degli scatti di anzianità professionale. Sempre più giudici stanno dando ragione ai ricorrenti, dando ordine di corrispondere cospicue somme risarcitorie. È ancora possibile aderire ai ricorsi per la stabilizzazione del personale che ha svolto oltre tre anni di supplenze, per il recupero degli scatti di anzianità, delle ferie non godute e molti altri diritti negati dall’Amministrazione.