Cassazione: spetta anche i nipoti non conviventi il risarcimento dopo la morte del nonno nel sinistro

Duro colpo per le assicurazioni. Nella querelle sulla riconoscibilità o meno del risarcimento del danno per la morte del nonno che muore nell’incidente stradale, è intervenuta il 20 ottobre la sentenza della Corte di Cassazione, che apre un vero e proprio contrasto nella giurisprudenza di legittimità. Secondo quanto stabilito, anche i nipoti non conviventi devono essere risarciti, a patto che siano provati in concreto rapporti di reciproco affetto e solidarietà con il de cuius. Per gli ermellini La famiglia non è solo il nucleo «coniuge, genitori, figli»: «automatismo da bandire» il ristoro agli altri congiunti legato alla coabitazione, ma va provato il rapporto affettivo. È quanto emerge dalla sentenza 21230/16. Il ricorso dei congiunti della vittima è accolto contro le conclusioni del sostituto procuratore generale. Nel motivare tale importante decisione gli ermellini hanno chiarito che sbaglia secondo il collegio la Corte d’appello laddove aderisce all’indirizzo interpretativo che impone di negare il risarcimento alle nipoti che non abitavano con la nonna deceduta in modo da evitare che si dilati il numero dei danneggiati secondari. In base al codice civile, infatti, i nonni hanno un rapporto stretto oltre che diretto con i nipoti e non mediato dai genitori di questi ultimi (articoli 75 e 76 Cc): lo conferma la riforma del diritto di famiglia che ha riscritto l’articolo 317 bis Cc laddove consente ai nonni di rivolgersi al giudice per mantenere i rapporti con i discendenti quando risultano preclusi dai genitori dei minori. Anche il coniuge separato, d’altronde, può essere risarcito per la morte dell’ex partner se prova che era rimasto un affetto intenso nonostante il fallimento del matrimonio. Insomma: la convivenza non può essere ritenuto il connotato minimo che esteriorizza l’intimità dei rapporti parentali, ma rappresenta comunque un elemento probatorio utile a dimostrare, insieme ad altri, l’ampiezza e la profondità del vincolo affettivo con la vittima dell’incidente. E non possono trovare ingresso prove «compiacenti» da parte di chi lamenta la lesione parentale anche ai fini del’entità dei danni. Decisivo l’articolo 317 bis Cc. Ora la parola spetta al giudice del rinvio. Secondo Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, la decisione dei giudici di Corso Cavour potrebbe rappresentare un ulteriore tassello per il riconoscimento globale di risarcimenti onnicomprensivi nei confronti degli eredi di vittime di lesioni o fatti illeciti altrui che possano costituire almeno parziale ristoro in termini economicamente valutabili delle sofferenze patite.