Brutte notizie in arrivo per i 700mila docenti della scuola: dal prossimo anno, chi perde posto o chiede trasferimento finirà negli ambiti territoriali e parteciperà alla chiamata diretta. Anche per chi è stato assunto fino al 2014 e si dovrà o vorrà spostare nell’ambito provinciale, quest’anno salvato in extremis dal contratto sottoscritto dall’amministrazione con i sindacati. Salvo accordi, di cui al momento al Miur stavolta non vogliono nemmeno sentir parlare, varrà quel che è previsto dal comma 73 della legge n. 107/2015, in base al quale “dall’anno scolastico 2016/2017 la mobilità territoriale e professionale del personale docente opera tra gli ambiti territoriali”.
Cosa significa questo, lo dice oggi Orizzonte Scuola: “tutti coloro i quali chiederanno trasferimento, lo otterranno sull’ambito territoriale, dal qual poi saranno ‘scelti’ dai dirigenti scolastici tramite la “chiamata diretta”, così come avranno la titolarità sull’ambito anche i docenti soprannumerari. Pertanto, andrà in soffitta la mobilità su scuola e il sistema telematico si limiterà ad assegnare i docenti agli ambiti, dai quali poi saranno chiamati dai dirigenti scolastici”. Pertanto, “gli unici che manterranno la titolarità su scuola saranno quei docenti che, nel corrente anno scolastico, sono titolari su scuola e non chiederanno trasferimento per il 2017/18”. Per tutti gli altri non ci sarà scampo. Anche i docenti della vecchia “guardia”, magari con 35 e più anni di servizio, dovranno dunque passare per il giudizio dei dirigenti. Che dovranno valutare il loro curriculum.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, “vivremo uno scenario con 12 mesi di ritardo, perché scritto nella Buona Scuola e da cui ci si può sottrarre solo cambiando la scellerata legge 107. Serve una norma che ripristini il diritto del personale docente neoassunto o in mobilità a domanda o d’ufficio ad ottenere e mantenere la titolarità su scuola e non, come introdotto con la ‘Buona Scuola’, su ambito territoriale, che comporta spostamenti coatti anche a centinaia di chilometri e dopo 40 anni di onorato servizio. Con l’umiliazione finale di essere pure valutati dal dirigente scolastico, che magari non ha alcuna competenza nella disciplina d’insegnamento del docente da giudicare”.
“È pertanto necessario e cancellare in fretta qualsiasi genere di chiamata diretta del personale docente, che oltre ad essere inadeguata e inapplicabile al pubblico impiego ha già evidenziato seri problemi di gestibilità in occasione dei trasferimenti e delle ultime immissioni in ruolo. Per prendere possesso di una cattedra d’insegnamento, ogni docente ha superato già miriadi di esami universitari e abilitanti, oltre che di un concorso, pubblico o riservato. Gli anni di servizio gli hanno permesso poi di sviluppare competenze ed esperienza: decidere, ora, la sua destinazione in base alla valutazione soggettiva di quei titoli, oltre che di altri percorsi formativi, è una foriero di iniquità e differenziazioni di trattamento. Chi amministra la scuola lo deve capire. E agire di conseguenza. Prima che – conclude Pacifico – i danni prodotti dalla chiamata diretta non siano più sanabili, se non attraverso l’intervento dei tribunali”.
Anief confida nella buona volontà dei parlamentari, nella possibilità che possano mettere mano a questa legge: per questo, il prossimo 14 novembre il giovane sindacato ha deciso di indire una giornata di sciopero nazionale e di scendere in piazza davanti a Montecitorio, dove giungeranno tanti docenti precari, gli idonei dei concorsi ancora non stabilizzati, i diplomati magistrale ante 2001/02, abilitati TFA, PAS, SFP, Estero. E pure il personale di ruolo che, proprio con la chiamata diretta, è diventato precario anch’esso.