Sostiene la Fnomceo, non a torto, che un tema dell’importanza, e della complessità, della formazione medica post laurea mal si presta ad essere trattato a colpi di emendamenti legislativi, che lo sottraggono al dibattito pubblico, destinati a confluire, se accolti, in maxiemendamenti, che lo sottraggono anche al dibattito parlamentare. Non è in discussione – commenta il Segretario Nazionale Anaao Assomed, Costantino Troise – la necessità di un adeguamento economico della borsa di studio della formazione in Medicina Generale, fin da ora e non a futura memoria. Né la previsione, finalmente, di una laurea di per sé abilitante alla professione, senza inutili parcheggi in attesa di un esame.
Ma fare e disfare percorsi formativi, attribuendo un nuovo (ed improprio?) onere al FSN, per costruire una nuova relazione dell’Università con il territorio, aggiungendo un altro capitolo al delicato tema dei rapporti tra SSN ed Università, non costituisce un segnale di modernità, se non agli occhi di chi ha sabotato il tavolo dell’art. 22 per non disturbare il manovratore. Non è un miglioramento disegnare l’assetto delle reti cliniche, ospedaliere e territoriali, intorno alle necessità, vere o presunte della didattica universitaria, e non a quelle del SSN, finendo con il clinicizzare distretti e dipartimenti di prevenzione dopo le unità operative ospedaliere. Già oggi assistiamo al miracolo della pietra filosofale che trasforma, a spese dei contribuenti, in professori universitari primari ospedalieri che portano in dote l’intera struttura operativa. Tenere in piedi un gigantismo universitario, anche nel sistema della formazione post laurea, non è soluzione ai problemi della sanità italiana, così come non lo è il nanismo delle proposte regionali.
In tempi dove la velocità è un mantra, fare presto non significa necessariamente fare bene. Chi ben conosce il problema, per essere anche medico in formazione specialistica, non può pensare di risolverlo saltando a piè pari l’impegno decennale della Professione tutta, a tutti i livelli istituzionali, o semplicemente chiamando alla responsabilità della docenza anche medici non universitari, chissà perché solo convenzionati, o utilizzando una meritoria graduatoria nazionale con gradi di flessibilità solo per alcuni.
Mettere mano alla legge 368, ed al modello formativo che propone, si può e si deve, come da anni andiamo sostenendo, ma per anticipare l’incontro con il mondo del lavoro ed aumentare il numero di contratti per rispondere alla drammatica carenza di medici, specialisti e di medicina generale, prevista per il prossimo quinquennio, e risolvere il problema degli ultimi tra gli ultimi, cioè le migliaia di medici esclusi da ogni formazione post laurea. Un problema così rilevante non può essere ostaggio e vittima di chi vince la mano, magari facendo leva su un cerchio ristretto di relazioni amicali o su circostanze dettate da altri interessi.
Se è importante rimettere al centro della discussione il tema della formazione post laurea, serve mettere mano ad una riforma vera ed organica della legge 368, e dei rapporti SSN-Università.