Il popolo della Scuola ha avuto un ruolo decisivo sulla vittoria del “no” al referendum e la decisione di Renzi di lasciare l’Esecutivo, dopo che i contrari alla riforma costituzionale hanno fatto registrare quasi 20 punti di scarto. Qualsiasi Governo si andrà a costituire, di questo aspetto se ne dovrà tenere conto: chi guiderà l’Italia nei prossimi mesi, prima e dopo le elezioni politiche, dovrà pertanto avere ben presente che la Legge 107/2015, la cosiddetta “Buona Scuola”, deve essere archiviata, proprio perché approvata senza consenso, persino con l’opposizione di oltre 600mila docenti e Ata.
È, pertanto, importante, se si vuole davvero puntare ad una svolta politica che risponda alle richieste dei cittadini, ricucire il rapporto con gli educatori che ogni giorno crescono nel Paese le generazioni del domani. Nei mille giorni del Governo Renzi che si è frantumato stanotte, i suoi rappresentanti hanno invece fatto di tutto per allontanarsi da chi opera nella scuola: e pensare che, fino a qualche tempo fa, si trattava di un “bacino elettorale”davvero molto vicino, almeno sino alla penultima riforma firmata Tremonti-Giannini.
Anief traccia sin d’ora la strada da percorrere per arrivare a questa meta: bisogna prima di tutto rispondere seriamente al problema del precariato e, in contemporanea, all’esigenza di conferire degli stipendi dignitosi, sia per il personale dipendente che dirigente, i quali non possono di certo risollevarsi con gli 85 euro medi lordi promessi dalla Funzione Pubblica. In questo modo, si riscoprirebbe la dignità di una professione che è ormai percepita dall’opinione pubblica come quella di lavoratori che vanno catalogati tra i più bassi gradi sociali. Occorre, poi, agire sugli organici e sulle deroghe ai pensionamenti alle soglie dei 70 anni o dei 43 anni di contributi versati.
“Il giovane sindacato – spiega il suo presidente nazionale Marcello Pacifico, anche segretario confederale Cisal – è pronto a questa sfida, con alcune risposte che possono essere già fornite nella Legge di Stabilità ora in discussione al Senato e a cui il nuovo Governo dovrà orientarsi con netta discontinuità rispetto a chi ci ha rappresentato negli ultimi due anni e mezzo. All’Esecutivo uscente è stato chiesto fino all’ultimo di cambiare rotta: anche nei giorni scorsi, quando si è detto sordo alle richieste che provenivano dalle nostre scuole, attraverso precise modifiche alla legge di bilancio, e pure di fronte al riuscito sciopero indetto dal sindacato il 14 novembre con oltre mille manifestanti riuniti davanti a Montecitorio.Ed ora è arrivato il conto”.
Tra le richieste emendative più sentite non poteva non figurare l’eliminazione della piaga del precariato scolastico che passa per l’adozione del doppio canale di reclutamento, comprendente da una parte le graduatorie di merito, dall’altra GaE e graduatorie d’istituto, ma anche per un Concorso a cattedra che torni ad essere aperto a tutti i laureati. È, poi, fondamentale approvare un contratto che produca aumenti veri e non “mance” politiche da 85 euro lorde, che partano, tra l’altro, da settembre 2015, in linea con quanto stabilito dalla Corte Costituzionale.
Tra gli interventi più celeri da attuare vi è, poi, la trasformazione di tutti i posti liberi, da verificare previo censimento nazionale, dall’organico di fatto a quello di diritto, ad iniziare dal sostegno che annovera quasi 40mila cattedre vacanti
ma non assegnabili oggi alle nuove assunzioni: queste ultime vanno, subito dopo, attuate su tutti i posti liberi, anche sulle discipline curricolari. Serve, infine, allargare l’Ape “social”, l’uscita anticipata fino a tre anni e mezzo che si vuole adottare solo per la scuola dell’infanzia, a tutti i gradi di insegnamento, sempre in attesa di tornare ad una soglia pensionistica ragionevole andando a mettere mano alla legge di riforma del settore Monti-Fornero.
“Anief, pertanto, si appella ai senatori, chiunque essi siano dopo la caduta del Governo, perché tengano conto di queste e altre proposte emendative che il sindacato si appresta a presentare a Palazzo Madama: solo approvandole, risollevando finalmente l’istruzione pubblica, si potrà iniziare a parlare di vera svolta”, conclude Pacifico.