Prestiti bancari giù di oltre 46 miliardi di euro negli ultimi tre anni. Le banche hanno tagliato i finanziamenti, da dicembre 2013 a ottobre 2016, sia alla pubblica amministrazione (-35 miliardi) sia alle imprese (-30 miliardi); mentre sono aumentati i crediti concessi alle famiglie, ora più indebitate per 20 miliardi. In totale, lo stock di impieghi degli istituti è calato da 3.346 miliardi a 3.300 miliardi (-1,38%); quelli al settore privato (imprese e famiglie) hanno invece subito una contrazione di 10 miliardi (-0,73%) scendendo da 1.416 miliardi a 1.405 miliardi. Questi i dati principali di una analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo la quale nel periodo che di fatto coincide con la durata del governo guidato da Matteo Renzi la “questione bancaria” non è stata risolta.
Secondo l’analisi dell’associazione, basata su dati della Banca d’Italia, il totale dei crediti bancari è passato ad 3.346,9 miliardi di dicembre 2013 a 3.300,8 miliardi di ottobre 2016: in quasi tre anni si è dunque assistito a una contrazione complessiva di 46,1 miliardi (-1,38%). Nel dettaglio, sono diminuiti di 35,8 miliardi (-1,85%) i prestiti alla pubblica amministrazione scesi da 1.930,7 miliardi a 1.894,9 miliardi e sono calate di 30,7 miliardi (-3,78%) le erogazioni di denaro alle imprese, passate da 814,1 miliardi a 783,3 miliardi; sono invece aumentati di 20,4 miliari (+3,94%) i finanziamenti accordati alle famiglie, saliti da 602,1 miliardi a 622,5 miliardi. Per il settore privato (ovvero le famiglie e le imprese) si è complessivamente assistito a una riduzione dei crediti di 10,3 miliardi (-0,73%), calati da 1.416,2 miliardi a 1.405,9 miliardi.
“La questione bancaria non è affatto risolta e poco o nulla è stato fatto dal governo che si è dimesso la scorsa settimana per cercare di mettere davvero il settore creditizio in sicurezza favorendo una imponente ripresa dei prestiti soprattutto alle imprese” osserva il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci. “Lo stato di salute del settore bancario è sotto gli occhi di tutti: è stato perso tempo, una banca importantissima avrà quasi certamente bisogno di un intervento del Tesoro, mentre per un altro colosso si profila, a gennaio, un aumento di capitale la cui entità potrebbe spaventare i mercati finanziari a gennaio” aggiunge Pucci.