Il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Scuola è un banco di prova fondamentale per capire quanto lo Stato vorrà investire sulla conoscenza nel medio termine: a sostenerlo è l’associazione sindacale Anief che, attraverso il Congresso nazionale, ha approvato all’unanimità una mozione-chiave, proposta dai delegati Marco Giordano, Stefano Cavallini e Giovanni Portuesi, con lo scopo di tracciare gli atti d’indirizzo dell’associazione per il prossimo quadriennio.
“Il prossimo rinnovo contrattuale del comparto Scuola – si legge nella mozione – dovrà innanzitutto porre rimedio alla grave perdita di potere d’acquisto che ha interessato le retribuzioni del personale scolastico nell’ultimo decennio, pesantemente segnato dalla crisi economica internazionale. Una riduzione che – perdendo anche l’indennità di vacanza contrattuale – ha visto rallentare gli stipendi del personale scolastico di circa il 20% rispetto all’aumento del costo della vita. Dovrà, inoltre, essere un’occasione, l’ennesima e da non fallire stavolta, per dimostrare con i fatti e non solo a parole che si vuole riconoscere il giusto valore alla professionalità dei docenti, del personale educativo e del personale Ata”.
Tuttavia, “ciò sarà possibile solo se saranno stanziate risorse economiche adeguate– diversi miliardi di euro e non le “mance” previste dalla Legge di Stabilità 2017 con incrementi individuali di pochi euro netti a lavoratore e senza arretrati -, come avviene ad esempio in Germania, dove fin dall’inizio della carriera gli stipendi sono due volte quelli italiani ed è possibile andare in pensione quasi con la metà del servizio richiesto nel nostro Paese. In tal senso, riteniamo che siano finalmente maturi i tempi perché sia riconosciuto a tutti gli insegnanti l’elevato rischio psico-fisico connesso allo svolgimento della funzione docente, senza alcuna distinzione di ordine e grado, affinché tutta la categoria possa fruire delle agevolazioni pensionistiche spettanti a chi svolge un lavoro usurante”.
Per il sindacato, dunque, il prossimo rinnovo del CCNL Scuola dovrà rappresentare anche uno spartiacque nella lotta alla precarietà: Anief ritiene che occorra “inaugurare, finalmente, una nuova stagione dei diritti, all’insegna della piena e compiuta parità di trattamento tra personale della scuola, docente e non, con contratto a tempo determinato e personale di ruolo. In particolare, anche alla luce delle innumerevoli pronunce dei tribunali di primo e secondo grado italiani nonché della normativa comunitaria, è necessario che si raggiunga la parificazione nella retribuzione attraverso l’estensione anche al personale docente, educativo ed Ata precario degli scatti stipendiali e della progressione di carriera”.
“Non si riesce a comprendere – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – come docenti o Ata precari che condividono con i colleghi di ruolo gli stessi orari, le stesse mansioni, le stesse responsabilità debbano essere trattati in modo diverso nella retribuzione che, per chi non ha un contratto a tempo indeterminato, equivale a essere condannato a rimanere inchiodato al livello base anche per l’intera vita lavorativa. Si tratta di un’ingiustizia da sanare immediatamente, senza se e senza ma. Contemporaneamente, sarà necessario rivedere tutti gli istituti in tema di ferie, permessi e malattia del personale scolastico affinché, anche sotto questo profilo, siano eliminate tutte quelle capziose e discriminanti differenze che, alla lunga, finiscono per depotenziare il corpus dei diritti del personale precario della scuola”.
Le domande del sindacato su questo tema sono molteplici. Per quale motivo un precario deve subire la decurtazione delle ferie maturate nei periodi di sospensione delle lezioni e perdere il pagamento sostitutivo di quelle non fruite? Per quale ragione una precaria non ha diritto a permessi retribuiti per partecipare a concorsi o esami? Perché i precari che si ammalano hanno diritto alla conservazione del posto solo per un periodo non superiore a nove mesi nel triennio?
In assoluto, il sindacato reputa inadeguati gli stipendi del personale che opera nella scuola: oggi, complici anche i sindacati rappresentativi, un docente della scuola primaria senza supplenze che entra in ruolo è bloccato per quasi dieci anni a poco più di 1.200 euro al mese. È una vergogna. Che dire, poi, dei collaboratori scolastici, fermi a 1.008 euro e ai quali ora si prospetta di ricevere 30 euro di aumento dopo otto anni di blocco contrattuale?
“Poiché la misura è colma – continua Pacifico – e siamo consapevoli che alcuni di questi temi travalicano l’ambito della concertazione, investendo direttamente la responsabilità del legislatore, come sindacato abbiamo deciso di rivolgerci ai soggetti istituzionali, chiedendo loro di abbandonare quella visione politico-economica che in questi anni troppe volte ha guardato alla scuola solo come a una voce di bilancio da tagliare. Occorre discontinuità e per farlo bisogna puntare al nuovo contratto: per segnare quella svolta che non solo la Scuola, ma tutto il Paese, vuole e pretende. Perché sul futuro non si può risparmiare”, conclude il sindacalista.