Per partecipare al Concorso a cattedra del 2012 bastava rispondere correttamente a 30 dei 50 quesiti a risposta multipla posti dal Ministero dell’Istruzione: aver fissato la soglia minima di risposte esatte a quota 35 è stato un maldestro errore dell’amministrazione scolastica. Quest’ultima deve ora formalizzare, una volta per tutte, l’avvenuta immissione in ruolo di centinaia di docenti che, avendo risposto ad almeno 30 domande, pur non raggiungendo quota 35, avevano fatto ricorso e superato le successive prove d’esame.
Chi ha partecipato alla prova preselettiva ricorderà che questa era composta da 50 quesiti a risposta multipla (scelte, in maniera casuale, da un archivio ufficiale di 3.500 domande precedentemente rese pubbliche) così ripartiti: 18 domande relative alle capacità logiche; altre 18 alle capacità di comprensione verbale del testo; 7 sulle competenze informatiche e altre 7 sulla comprensione della lingua straniera. Per ogni quesito era stato concesso, in media, un minuto: la consegna delle risposte, infatti, doveva avvenire entro 50 minuti massimi.
La conferma della bontà della linea del sindacato è giunta da tre sentenze definitive, emesse in questi giorni dal Consiglio di Stato, che ha confermato in pieno le precedenti indicazioni favorevoli ai ricorrenti giunte dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio: procedendo, in questo modo,all’annullamento ufficiale di quella disposizione contenuta nel D.D.G. n. 82/2012 emanato dal Miur, la quale prevedeva un punteggio inderogabile di almeno 35/50 (equivalente alla media minima di 7/10, anziché 6/10 come logica vuole) per ottenere l’ammissione alle prove successive del Concorso a cattedra. Come avviene, del resto, in tutti i pubblici concorsi.
Erano stati migliaia i docenti che, nel 2012, dopo aver svolto la prova preliminare del concorso per nuovi docenti, erano stati illegittimamente esclusi dalla decisione del Ministero dell’Istruzione di alzare l’“asticella” del merito oltre il lecito. Poi, una parte di loro ha presentato ricorso ed è andata avanti, in diversi casi, sino a vincere quel concorso seppur con riserva che ora viene “sciolta”. L’Amministrazione, che aveva promosso appello avverso le già favorevoli sentenze ottenute dall’Anief presso il Tar, ha infatti incassato una nuova pesante sconfitta in tribunale, con tanto di condanna al pagamento delle spese di lite, quantificate in un totale che supera i 6.500 euro.
“È stata una lunga battaglia – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – ma non avevamo dubbi sulla validità delle nostre tesi: siamo stati, infatti, l’unico sindacato a denunciare l’effettiva violazione del diritto all’accesso al concorso nel 2012. Come sempre, è stato un grande gioco di squadra quello che abbiamo messo in campo: gli avvocati Fabio Ganci, Walter Miceli, Irene Lo Bue, Nicola Zampieri e l’intero settore contenzioso nazionale del nostro sindacato si sono impegnati a rispondere colpo su colpo all’azione del Miur e abbiamo vinto su tutta la linea. Trovano, così, conferma piena le diverse immissioni in ruolo attuate negli scorsi anni, attraverso le graduatorie concorsuali del 2012, su cui pendeva la cosiddetta riserva”.