Un signore di 90 anni ha chiesto ed ottenuto di farsi guidare alla morte assistita in Svizzera -per una fine dignitosa e senza dolore-, ma prima di partire ha deciso di donare un’ambulanza alla Croce Bianca di Cornigliano-Genova. Sembra un episodio di vita ordinaria condito dal bel gesto, come se andare in Svizzera a farsi praticare l’eutanasia fosse storia di ordinaria amministrazione. Infatti, nella notizia riportata dai media locali, risalta più la bontà di questo signore che non la disperazione civica di essere costretto ad andare all’estero per vedersi riconosciuto il diritto a un morte dignitosa. La tragedia italiana di non avere una legge in merito, ma di avere un codice che punisce chi tenta il suicidio e chi aiuta una persona in tal senso, sembra che sia un fatto accettato, di ordinaria amministrazione. “Si sa, per l’eutanasia si va in Svizzera, è normale. Anche per i buoni che donano le ambulanze”.
Non possiamo non sottolineare come sia stridente col nostro ordinamento questa situazione. L’introduzione dell’eutanasia è ancora una chimera nel nostro ordinamento, nonostante autorevolissime pronunce e progetti di legge di iniziativa popolare depositati e che sono ancora nei cassetti del Parlamento. Una situazione del genere è tutt’altro che naturale (in senso civico), ma orribile, ingiusta, violenta e incivile. Essere costretti ad andare all’estero per disporre delle proprie volontà, è degno dei regimi più autoritari e dispotici, di codici che limitano le libertà individuali sottoponendosi a volontà religiose invadenti, che ufficialmente non dovrebbero appartenere alla nostra legislazione. Eppure, questa storia genovese, con l’atto della donazione fa apparire il tutto come se fosse naturale. Ma una naturalezza che si manifesta con la violazione dei codici. Non vorremmo che ci si abituasse all’eutanasia all’estero come ci si è abituati all’evasione fiscale.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc