“I terroristi Andrea Coi e Grazia Grena invitati come ospiti alla presentazione di un libro a Palazzo Madama… ma è possibile che in Italia non riusciamo a dimostrare di conoscere il significato delle parole vergogna, opportunità, pentimento? Le Istituzioni italiane, chi le incarna, chi ha l’onore e l’onere di rappresentarle e con esse l’intera cittadinanza, ha il dovere di impedire che l’abominio della violenza e della prevaricazione, l’orrore della lotta armata per l’antistato, trovino ancora spazio dopo tutto il sangue versato negli anni peggiori della nostra storia più recente. Ospitare dei terroristi al Senato della Repubblica italiana, che sia per la presentazione di un libro o per qualsiasi altro motivo, porgergli un microfono e con esso la possibilità di mostrarsi come persone che abbiano titolo per insegnare o trasmettere qualcosa di buono è disgraziatamente irresponsabile, offende in maniera orrenda la memoria di chi è morto per mano di feroci criminali, calpesta senza ritegno la dignità di famiglie condannate alla sofferenza a vita per la perdita degli affetti più cari. Chi ha scelto di far parte a qualunque titolo dell’orrore chiamato terrorismo potrebbe avere una sola cosa da trasmettere, il rimorso più corrosivo, ma può farlo solo rimanendo nel dovuto silenzio che accompagna il vero pentimento o producendo fatti concreti ma altrettanto silenti”.
Così Franco Maccari, Segretario Generale del Coisp, Sindacato Indipendente di Polizia, a proposito della notizia dell’appuntamento fissato per il 19 gennaio a Palazzo Madama per la presentazione de “Il libro dell’incontro. Vittime e responsabili della lotta armata a confronto”, cui sono stati invitati Andrea Coi e Grazia Grena, entrambi condannati per terrorismo, ed a cui dovrebbero a quanto pare presenziare anche il Presidente del Senato e il Ministro della Giustizia.
“Rispetto a questa iniziativa editoriale e ad altri incontri per la sua presentazione – aggiunge Maccari -, sentiamo e leggiamo di un’idea che vorrebbe muoversi nel solco della ‘giustizia riparativa’ e del cambiamento che l’abominio degli ‘anni di piombo’ ha prodotto nella vita dei protagonisti. Concetti che non solo non devono essere demonizzati, ma anzi che potenzialmente portano con sé qualcosa di buono, e cioè l’esplorazione della disperazione, del dramma prodotto dalla violenza bestiale dei terroristi. Ma la domanda è: quale significato ha, in concreto, il concetto del rispetto per chi ha sofferto e soffre ancora a causa di quella violenza. La vera giustizia riparativa non può prescindere dalla convinta partecipazione delle vittime al lungo e doloroso percorso che serve. Ebbene, ci sono vittime del terrorismo che non gioiscono affatto all’idea di incontrare i loro carnefici, nemmeno di sognano di farlo e, anzi, vivono come un insopportabile offesa il fatto che tanti terroristi siano divenuti addirittura personaggi pubblici. Di loro, però, è facile fregarsene evidentemente. Ci chiediamo: la vera riparazione passa per l’esaltazione di un terrorista attraverso l’ospitata in Parlamento? Il vero pentimento è tale se viene espresso a chiacchiere di fronte a microfoni e telecamere e meglio ancora se in sedi istituzionali? Qualunque sia la risposta a queste domande – conclude Maccari – rimane comunque il fatto che il rispetto per le vittime che soffrono profondamente di fronte ad iniziative come questa, compresi noi che contiamo tante divise insanguinate nell’adempimento del dovere di difendere lo Stato da quei criminali esaltati di allora che oggi sono ospiti d’eccezione in tanti salotti, aule e colonne di giornali, dovrebbe obbligare le Istituzioni a dire no a certe spettacolarizzazioni orrende della violenza più vigliacca”.