La crisi economica dell’Italia continua a essere scaricata su oltre un milione di dipendenti della scuola pubblica: il dato è inequivocabile e arriva dalle tabelle sulle retribuzioni annue dei comparti della Pubblica Amministrazione, rese note in queste ore dalla Ragioneria Generale dello Stato, da cui si evince che chi opera nel comparto Scuola tra il 2014 e il 2015 ha perso circa 800 euro di stipendio annuale, passando da una media di 29.130 euro ad appena 28.343 euro. Si tratta del peggior risultato dopo il 2007, quando le buste paga di docenti, Ata e Dirigenti scolastici erano pari a 26.532 euro.
Il decremento diventa ancora più grave dal momento che, tranne i comparti delle Agenzie Fiscali e della Magistratura, tutte le altre amministrazioni statali hanno registrato stipendi pressoché uguali o in crescita con alcuni settori che hanno anche beneficiato di incrementi sensibili: come le Forze Armate, per le quali lo stipendio annuo è salito in media di 1.500 euro; oppure per chi è impiegato nella Carriera diplomatica che, in un solo anno, si è visto aumentare i compensi di oltre 5mila euro. Il risultato di questo trattamento differenziato e iniquo è che un dipendente pubblico italiano percepisce in media 34.146 euro l’anno, mentre lo stipendio del personale scolastico è di 7.614 euro in meno (tabella 6.9 sulle retribuzioni medie annue del rapporto 2015 della Ragioneria di Stato).
“Questi dati – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – confermano il gap che un dipendente della scuola deve continuare a sopportare per via dello stipendio fermo dal 2009 e a seguito della contrazione progressiva degli incentivi per lo svolgimento di attività extra all’attività didattica, con lo stesso Fondo d’Istituto che, malgrado gli incrementi dell’ultimo periodo, è comunque oggi sempre pari alla metà dello stesso fondo concesso alle scuole nell’anno scolastico 2011/12: così, lo stipendio di un collaboratore scolastico rimane fermo alla miseria di 1.008 euro al mese e quello di un docente neo-assunto poco sopra i 1.200. Lo stesso Dirigente scolastico, a fronte di responsabilità enormi, percepisce quasi la metà di un collega dalla PA”.
Nel frattempo, registra sempre il Ministero dell’Economia, tra 2007 e il 2015 l’inflazione è salita del 13,5%, mentre stipendi medi dei pubblici dipendenti si sono alzati solo del 7,8%. Anche su questo fronte, la scuola ha fatto registrare incrementi esigui, appena del 6,8% in otto anni: per comprendere la pochezza di questo numero, basta ricordare che la stessa Ragioneria statale ci dice (tabella 6.10 sulle variazioni percentuali delle retribuzioni medie annue) che tra il 2007 e il 2008 l’aumento medio delle buste paga per chi operava nell’istruzione pubblica fu pari al 10,4%.
“Il problema – continua Marcello Pacifico – è che lo stipendio rimarrà sostanzialmente fermo fino al 2021, per colpa del blocco dell’indennità di vacanza contrattuale e del primo gradino stipendiale per i neo-assunti dal 2011, a seguito del CCNI firmato dai sindacati. Anief sta depositando i ricorsi per recuperare come aumento da settembre 2015 la metà del costo dell’inflazione prevista per legge (13,5%) e certificata dalla Ragioneria dello Stato e per garantire la progressione di carriera a tutti fin dal terzo anno di servizio nel rispetto del principio della parità retributiva e della giurisprudenza comunitaria. È importante per i neo-assunti inviare entro il prossimo mese di agosto la diffida per interrompere la prescrizione quinquennale per l’impugnazione dei decreti di ricostruzione di carriera emessi nel 2012”.
A questo proposito, anche l’ultimo Documento di Economia e Finanza prevede una moderata crescita delle retribuzioni per l’anno 2016 (1,4 per cento) e una riduzione delle medesime per gli anni 2017 e 2018 (rispettivamente -0,8 e -0,2 per cento), per poi stabilizzarsi nel 2019, con l’indennità di vacanza contrattuale tutta da valutare. Solo che venire meno al suo pagamento, come è stato fatto negli ultimi sei anni, significa non applicare la normativa vigente in materia di tutela retributiva del pubblico impiego, a partire dall’articolo 2, comma 35, della Legge n. 203/08, dalla legge finanziaria 2009 e anche dalle disposizioni previste dal Decreto Legislativo 150/09 voluto dall’ex ministro Renato Brunetta.
Il giovane sindacato autonomo ricorda che una precisa sentenza della Consulta dell’estate 2015 ha stabilito che vi siano tutte le condizioni per fare assegnare, dal mese di settembre 2015, almeno la quota d’indennità di vacanza contrattuale allineata mensilmente al 50% dell’aumento dell’inflazione: si tratta di incrementi medi importanti, che superano i 2.500 euro netti a lavoratore statale. Pertanto, Anief, come Cisal e Radamante, intende permettere a tutti i dipendenti pubblici di chiedere l’adeguamento di indennità di vacanza contrattuale al vero costo della vita certificato dal ministero: ciò comporterà aumenti degli stipendi per almeno il 10% nelle buste paga.
Il presidente Anief ricorda che “negli 83 mesi di vacanza contrattuale, non è stata corrisposta nemmeno quell’indennità prevista per legge, nata proprio per non far regredire gli stipendi sotto il costo della vita. L’intesa politica per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici, sottoscritta a fine novembre 2016 con il ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia, se verrà tradotta in un contratto, non solo porterà cifre ridicole nelle tasche dei dipendenti pubblici, in media 30 euro netti al mese, ma nemmeno sanerà la mancata assegnazione di quell’indennità invece da conferire per legge”, conclude Pacifico.
Per richiedere l’adeguamento dei valori dell’indennità di vacanza contrattuale alla metà dell’inflazione, come registrata a partire dal settembre 2015 rispetto al blocco vigente dal 2008, basta aderire al ricorso Anief, cliccando sul seguente link. Per aderire al ricorso contro la mancata assegnazione del proprio “gradone” stipendiale (docenti e Ata) cliccare al seguente link (coloro che aderiscono a questo ricorso non devono aderire anche al ricorso ricostruzione di carriera, in quanto già compreso): chi aderisce a questo ricorso dovrà invece presentare apposita diffida all’amministrazione scolastica regionale.